Su Giacinto Spagnoletti a vent’anni dalla morte. Parte prima: il critico letterario

         Cercherò adesso di passare rapidamente in rassegna la produzione di Spagnoletti nel campo della critica letteraria, dividendola, per così dire, per generi. E il primo, e più importante genere da lui affrontato, è quello delle antologie.  Nel 1946, con la casa editrice Vallecchi di Firenze, pubblica l’Antologia della poesia italiana contemporanea, in due volumi, che si deve considerare una delle prime antologie della poesia novecentesca, subito dopo i Lirici nuovi di Luciano Anceschi, apparsa tre anni prima, nel ’43, (ma in quest’anno doveva uscire anche quella di S. che allora aveva quindi ventitré anni). Questa antologia ha avuto il merito quindi di diffondere la lirica italiana moderna quando essa era ancora poco conosciuta. Essa avrà, come vedremo, diverse edizioni con aggiunte, modifiche e diventerà forse l’opera più famosa di Spagnoletti. E questo è il primo aspetto, forse il più rilevante e noto della sua attività critica. Egli si può considerare l’antologista principe della poesia italiana del Novecento, proprio insieme ad Anceschi, che nel ’53 pubblicherà ancora Lirica del Novecento.

Ma vediamo allora più da vicino la prima edizione di questa Antologia, del ’46, che comprende 44 nomi. Nel primo vol. sono presenti: Pascoli, D’Annunzio, Di Giacomo, Gaeta e Roccataglia Ceccardi e poi ancora Gozzano, Corazzini, Giaconi, Michelstaedter, Papini, Palazzeschi, Govoni, Novaro, Sbarbaro, Clemente Rebora, Jahier. Il secondo vol. comprende invece Campana, Onofri, Saba, Cardarelli, Ungaretti, Montale, Fallacara, Barile, Grande, Betocchi, Vigolo, Pavolini, Solmi, Quasimodo, Sinisgalli, Bertolucci, Penna, Gatto, De Libero, Luzi, Parronchi, Roberto Rebora, Sereni, Caproni, Bigongiari, Fracassi, Cardile, Ghiselli. Come si può vedere, in questi due tomi figurano già tutti i maggiori poeti del Novecento italiano, quelli entrati stabilmente nel canone poetico italiano del secolo passato. Solo pochi nomi, di poeti morti giovani, come Fracassi, Ghiselli e il tarantino Cardile, o di Gaeta, Roccatagliata Ceccardi o Luisa Giaconi sono presenze che oggi possono sorprendere.

Ma continuiamo a esaminare questo aspetto che, come dicevo, caratterizza la produzione di Spagnoletti. Nel 1950 pubblica una nuova edizione di quest’opera col nuovo titolo Antologia della poesia italiana (1909-1949) con l’editore Guanda, che comprende 40 nomi, quindi quattro in meno rispetto alla prima. Quali sono qui le differenze principali rispetto alla prima edizione?  Non compaiono più quei poeti vissuti tra Otto e Novecento come Pascoli, D’Annunzio, Di Giacomo, Gaeta, la Giaconi, Roccataglia Ceccardi. Come non figurano nemmeno i maggiori crepuscolari, Gozzano e Corazzini che, secondo Spagnoletti, continuano la tradizione ottocentesca. Il volume incomincia direttamente con il Manifesto del Futurismo di Marinetti che per il critico rappresenta giustamente la rottura più clamorosa col passato. Ci sono tutti gli altri, tra i quali viene incluso ora Cesare Pavese con la sua poesia di tipo narrativo. Anche qui insomma sono presenti tutti i principali rappresentanti della poesia novecentesca. Restano ancora Fracassi e Ghiselli, ai quali si aggiunge una poetessa anch’essa morta giovane, Antonia Pozzi. Manca invece Cardile. Ma le presenze più sorprendenti sono due autentiche scoperte di Spagnoletti: Pasolini e Alda Merini. Il primo, fino ad allora, aveva pubblicato in volume solo poesie in friulano, le Poesie a Casarsa, apprezzate da un grande critico come Gianfranco Contini, mentre la seconda solo poesie su riviste. Il suo primo libro poetico, La presenza di Orfeo, uscirà nel 1953 proprio in una collana diretta da Spagnoletti, “Campionario” dell’editore milanese Schwarz, in cui escono anche opere di Luzi, Parronchi, Ungaretti, Betocchi, Pierri e una dello stesso Spagnoletti. Giustamente, a questo proposito, Giulio Ferroni lo ha definito un talent scout nel campo della poesia.

Questa antologia avrà altre ristampe, ma nel 1959 esce una nuova edizione notevolmente ampliata, Poesia italiana contemporanea (1909-1959), nella prestigiosa collezione “Fenice”, sempre di Guanda, diretta da Attilio Bertolucci, con successive ristampe. Qui le presenze, da 40, diventano ben 62, tra cui si contano però anche nomi meno validi (e oggi dimenticati). Ma quali sono le differenze principali rispetto alla precedente edizione? Da un punto di vista dell’impostazione editoriale una novità è rappresentata dalle autopresentazioni degli autori presenti, che espongono la loro “poetica” e a volte sono inedite e utilissime. Figurano sempre i poeti più significativi del Novecento italiano, che ho elencato prima, con l’assenza anche qui dei crepuscolari. A questi si aggiungono altri appartenenti a generazioni successive, che si erano fatti conoscere negli anni Cinquanta, come, oltre a Pasolini, Zanzotto, Fortini, Roversi e nomi meno noti (Rinaldi, Vòllaro, Vivaldi). Restano sempre Fracassi e Ghiselli, due poeti morti giovani. Ma la novità più significativa è forse costituita dalla presenza di due linee: la linea meridionale e la linea femminile. La prima, che poteva contare già sui nomi di Quasimodo, Gatto, Sinisgalli, si arricchisce di altri importanti figure come i pugliesi Comi, Fallacara, Pierri, i lucani Scotellaro, Antonio Rinaldi, il calabrese Vòllaro. La linea femminile è presente invece coi nomi di Sibilla Aleramo e soprattutto con quelli di Margherita Guidacci e della solita (ormai) Alda Merini.

C’è da dire ancora che dalla sua antologia, nel 1950 Spagnoletti ricavò un’edizione scolastica commentata, per la Mondadori, Poeti del Novecento, che ebbe successive edizioni e permise per la prima volta a tanti studenti e docenti di conoscere la nostra maggiore poesia contemporanea, allora e per molto tempo ancora completamente sconosciuta in ambito scolastico.

Ma se questo è il lavoro più importante del critico tarantino nel campo delle antologie, non è certo il solo perché ne esistono altre dedicate anche ad altri secoli e a generi diversi. E qui non posso fare altro che citarle rapidamente. La più nota dopo quella sulla poesia del Novecento è La poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (Garzanti 1991), in due volumi, curata insieme a Cesare Vivaldi, che ha avuto il merito di rivelare la ricchezza di questa produzione. L’antologia è divista per regioni e ogni sezione è preceduta da una breve introduzione, come pure i singoli poeti sono preceduti da un sintetico profilo biografico.

Un’altra antologia che ha avuto una certa fortuna è Poeti dell’età barocca (Guanda 1961), che contribuì alla rivalutazione di questo periodo della nostra storia letteraria in anni ancora in cui il barocco aveva un’accezione negativa da noi. E sempre tra le antologie citiamo ancora: La nuova narrativa italiana, in due volumi (Guanda, 1958), Novelle romantiche (Martello, 1961), I preromantici inglesi (Guanda, 1964). E infine la più imponente: Otto secoli di poesia italiana da S. Francesco a Pasolini (Newton Compton, 1993, 820 pagine), dove l’ultima sezione, Il primo e il secondo Novecento, comprende 60 poeti con una larga rappresentanza stavolta dei dialettali.

Subito dopo le antologie, un altro genere da lui coltivato è quello della storia della letteratura, in particolare, anche qui, della letteratura italiana del Novecento. E anche in questo campo Spagnoletti si è dimostrato un precursore, un pioniere, come vedremo. D’altra parte, egli è stato un compagno di strada di tantissimi scrittori contemporanei ed era il più indicato a parlarne. Nel 1975 uscì infatti con la casa editrice Gremese di Roma il suo Profilo della letteratura italiana del Novecento che si può considerare la prima completa trattazione e sistemazione storico-critica di questo secolo, non ancora terminato allora, della nostra letteratura. Diviso in otto parti, il Profilo incominciava con la linea Svevo-Pirandello, i principali esponenti in Italia del romanzo modernista, e arrivava alla poesia e alla narrativa degli anni Settanta. Tra gli scrittori pugliesi inclusi ci sono Fallacara, Pierri e Merini, mentre mancano Comi e Bodini. Da un punto di vista metodologico, Spagnoletti. rifiuta un’impostazione storiografica di tipo ideologico o sociologico (come andava di moda in quel periodo, si pensi ai manuali di Petronio o Asor Rosa) e si basa invece sulla “lettura” delle opere senza pregiudizi o preconcetti, seguendo l’esempio dei suoi maestri ideali, Serra, De Robertis e Debenedetti.

Successivamente l’autore amplia questa trattazione, già così cospicua, pubblicando, nel 1985, negli Oscar Mondadori la Letteratura italiana del nostro secolo (3 volumi in cofanetto per complessive 1100 pagine), e ancora nel 1994, quasi alla fine del secolo, dando alle stampe un grosso volume, di grande formato, di oltre 900 pagine la Storia della letteratura italiana del Novecento, con la Newton Compton. Diviso in due parti, di ventotto capitoli ciascuna, e in una Appendice sulle riviste italiane del dopoguerra, questa Storia si può considerare un repertorio completo, quasi una sorta di Dizionario ma con un taglio storico-critico, in cui non manca nessun nome, maggiore, minore e anche a volte minimo. Si parte prima dell’inizio del secolo, con la Scapigliatura e poi con Pascoli e D’Annunzio fino ad arrivare alle esperienze più recenti in poesia e nella narrativa. Capitoli specifici sono dedicati alla critica e alla saggistica letteraria, alla poesia dialettale e alle “voci femminili”.

Accanto a queste opere più ampie, che lo caratterizzano come critico, Spagnoletti ha pubblicato anche monografie e raccolte di saggi e di scritti vari. Tra le monografie ricordo quelle su alcuni scrittori sempre del Novecento, Renato Serra, Camillo Sbarbaro, già citate, e poi ancora su Italo Svevo, Aldo Palazzeschi, Pier Paolo Pasolini, ma nessuna di queste in verità ha lasciato un segno particolare nella fortuna critica di questi autori perché Spagnoletti, a mio avviso, più che un critico dalle intuizioni illuminanti, dai giudizi penetranti e dalle definizioni memorabili è stato soprattutto un profondo conoscitore di narratori e poeti (un compagno di strada, come s’è detto) e un abile sistematore di periodi anche piuttosto ampi della nostra storia letteraria, come appunto il Novecento. Cito perciò rapidamente alcuni titoli, a cominciare dal primo, Pretesti di vita letteraria, del 1953, fino a Saba Ungaretti Montale (1966) e Romanzieri italiani del nostro secolo, (1967), entrambi della ERI classe unica, edizioni RAI, che derivano da trasmissioni radiofoniche, e poi ancora: Scrittori di un secolo (1974), Il verso è tutto: alle fonti della poesia italiana del primo Novecento (1979), La letteratura in Italia (1984), Inventare la letteratura (1994), La poesia non parla di sé. Voci del ‘900 (1996), fino a Poesia italiana contemporanea (2003), una scelta dei suoi migliori saggi sui poeti novecenteschi. Un posto a sé hanno i volumi memoriali, come I nostri contemporanei. Ricordi e incontri (1997), Il tempo della memoria. Riflessioni agrodolci di fine secolo (1999). Un lavoro particolare infine è Letteratura e utopia. Alle origini della fantascienza (1998), in cui l’autore indaga appunto sulle origini di questo genere di romanzo che si sviluppa, nel corso degli ultimi tre secoli, a partire dall’Illuminismo.

Ma, prima di passare alla seconda parte della mia relazione, vorrei ricordare altri aspetti dell’instancabile lavoro critico di Spagnoletti, che non è stato soltanto uno studioso del Novecento italiano, ma si è occupato anche di letteratura francese. In questo campo ricordo una sintetica Storia della letteratura francese, un volumetto uscito nel 1994 nei Tascabili della Newton Compton, e sempre con questa casa editrice, le Introduzioni a Tutte le poesie di Baudelaire (1972) e alle Poesie di Verlaine (1973).

Quindi non solo letteratura italiana ma anche francese e non solo Novecento ma anche altri secoli della letteratura come il Settecento e l’Ottocento, come dimostrano le curatele  delle Lettere (1961)  e dei Sonetti (1991) di Giuseppe Gioacchino Belli, di alcune opere di Giacomo Casanova, tra cui l’Istoria delle turbolenze della Polonia (1974) e ancora di Il meglio di Restif de la Bretonne (1960), una scelta di opere di questo scrittore francese del Settecento. Insomma, in conclusione, un critico dai vasti interessi, a trecentosessanta gradi.

(continua)

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