Su Giacinto Spagnoletti a vent’anni dalla morte. Parte prima: il critico letterario

di Antonio Lucio Giannone

[Sintesi dell’intervento letto in occasione della manifestazione Omaggio a Spagnoletti, svoltasi nella Biblioteca civica “P. Acclavio” di Taranto il 27 ottobre 2023]

Non è facile tracciare un profilo di Giacinto Spagnoletti, uno dei letterati più operosi e poliedrici del nostro Novecento. Spagnoletti è stato soprattutto un critico, ma anche un poeta, un narratore, un traduttore, curatore di collane, collaboratore di numerosi giornali e riviste, di case editrici, della RAI, docente universitario (presso l’Università degli Abruzzi). Nato a Taranto l’8 febbraio 1920 e scomparso a Roma il 15 febbraio 2003, dopo aver frequentato le scuole nella sua città, nel 1937 si trasferisce nella capitale, dove si iscrive alla facoltà di Lettere  e filosofia, laureandosi con Natalino Sapegno con una tesi su Renato Serra, che pubblica nel 1943. Quello stesso anno pubblica un’altra monografia su Camillo Sbarbaro, uno dei poeti maggiori del primo Novecento. Già questi nomi stanno ad indicare l’interesse di Spagnoletti per la letteratura contemporanea e per un tipo di critica militante che da allora non lo abbandonerà più. Accanto alla lettura di Serra, d’altra parte, la sua formazione avviene, come lui stesso scrive sulla base della lezione di due altri maestri, come Giuseppe De Robertis e Giacomo Debenedetti che saranno sempre presenti nella sua attività. Ma anche il fervido ambiente intellettuale della “Sapienza” influisce su di lui. Tra i nomi di maestri e amici che ricorda nei suoi scritti ci sono quelli del francesista Pietro Paolo Trompeo, del futuro grande dantista Giorgio Petrocchi, di Giaime Pintor, morto giovanissimo, dell’anglista Gabriele Baldini, ecc. Successivamente egli vive in varie città italiane dove conosce ed entra in contatto con numerosi scrittori dei quali diviene un compagno di strada. A Roma, ad esempio, conosce Sandro Penna; a Firenze Montale, Luzi, Macrì ed altri, a Parma Bertolucci, a Milano Sereni, Solmi, Rebora, la Merini. Non a caso il suo epistolario, che documenta questi rapporti di amicizia, è ricchissimo ed è forse uno dei più ampi del Novecento.

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