Qualche pensiero sulla guerra israelo-palestinese

Ma vi è un altro aspetto della situazione che mi sembra giusto evidenziare. L’operazione di Hamas è stata diretta, com’era naturale, contro Israele, ma destinatari indiretti di essa sono i paesi arabi circostanti. Questi ultimi negli ultimi tempi hanno siglato con Israele degli accordi tesi a normalizzare i loro rapporti diplomatici (i cosiddetti accordi di Abramo), abbandonando la pregiudiziale che qualsiasi accordo dovesse comportare la soluzione del problema palestinese. Ciò ha avuto come conseguenza il fatto che i palestinesi si siano sentiti abbandonati al loro destino e perciò hanno fatto sentire, seppure in modo così cruento, la loro voce.

Allo stato attuale non è possibile sapere quale esito avrà l’azione di Israele su Gaza né sul piano militare né su quello politico. Ma è un’azione che dovrà necessariamente avere fine.

Livello storico

Considerata sul lungo periodo la situazione attuale non è che l’ultimo episodio di una lunga guerra che oppone Israele ai palestinesi e agli Stati arabi circostanti fin dal momento della costituzione dello Stato Israeliano nel 1948. Una guerra che ha visto momenti di scontro aperto (Guerra dei sei giorni, Guerra del Kippur) e di ribellione e rappresaglie (le varie Intifada) che Israele è stato in grado di vincere o di contenere con la sua soverchiante forza militare. Si è anche tentato di trovare una soluzione politica con gli accordi di Oslo del 1993 e la conseguente costituzione di uno Stato palestinese diviso in due (Cisgiordania e Gaza). Ma si è trattato di una costituzione parziale perché di fatto lo Stato palestinese è esposto al controllo di Israele. Da qui l’insoddisfazione dei palestinesi che rivendicano una sovranità completa dei territori loro assegnati. Da qui anche l’atteggiamento estremistico di Hamas che non accetta in alcun modo la presenza dello Stato israeliano.

Ma, qualunque siano le motivazioni che muovono i vari attori della scena mediorientale, la soluzione di “due popoli due stati” è l’unica che possa risolvere il conflitto dopo oltre settant’anni di scontri. Con la formula suddetta si intende che occorre che Israele da una parte e i Palestinesi dall’altra abbiano un loro Stato di cui siano pienamente sovrani. Per Israele questo è ormai avvenuto, bisogna che lo sia anche per lo Stato della Palestina. Per questo, dopo la conclusione della guerra in corso, qualunque ne sia l’esito, occorre che si avvii in tempi rapidi un processo che porti alla soluzione proposta con la costituzione di due Stati sovrani entro confini stabiliti e riconosciuti. Ma una cosa è ormai chiara: il processo non può essere affidato alle parti in causa, perché allo stato attuale non mostrano alcun interesse o disposizione al dialogo. Il processo deve essere affidato o a uno Stato neutro o, preferibilmente, all’ONU, che solo può stabilire i tempi della sua attuazione. In effetti, dopo gli accordi di Oslo, i suoi presupposti sono stati dimenticati per molto tempo e si è accettato lo status quo che nel corso dei tempi si determinato. Così è accaduto che i governi israeliani negli ultimi tempi hanno disatteso le disposizioni di Oslo ed abbiano insediato nei territori palestinesi molte colonie israeliane. Una operazione che non ha fatto che acuire in contrasti con i palestinesi.

La responsabilità dell’Occidente deve andare oltre la sistemazione giuridica dei confini e degli Stati. Essa deve consistere anche in un sostegno economico al futuro Stato palestinese attraverso la istituzione di attività che consentano ai palestinesi di essere autonomi economicamente, senza dipendere, come ora, da Israele. Si tratterà in un primo momenti di attività assistite, ma è auspicabile che esse pian piano si conquistino anche un ruolo sul mercato. Sarebbe comunque un giusto risarcimento per la disattenzione con cui sinora si è guardato al mondo palestinese. Ma il vantaggio che ne potrà derivare è che in tal modo si favorisca nella popolazione lo sviluppo di un atteggiamento moderato che sconfigga dall’interno gli estremismi ed avvii ad una pacifica convivenza. Si tratterà di un processo lungo, ma i risultati che da esso si attendono giustificherà gli sforzi e la pazienza che occorreranno per sostenerlo.

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