di Pietro Giannini
Ogni discorso che voglia discutere in maniera pacata e costruttiva sull’attuale situazione israelo-palestinese deve necessariamente distinguere due livelli cronologici, quello attuale e quello storico.
Livello attuale
Non v’è dubbio che l’operazione condotta da Hamas il 7 ottobre è stata un’operazione che non si può definire che terroristica. Essa è stata diretta contro civili inermi e non contro l’esercito israeliano, il che l’avrebbe configurata come operazione militare. Essa ha approfittato di un basso livello di guardia delle difese israeliane per attaccare con mezzi rudimentali (deltaplani e pick-up) civili intenti a svolgere le loro normali attività. La ferocia con cui essa è stata condotta (uccisioni e rapimenti) testimonia la brutalità con cui essa è stata preparata. Se un parallelo si può fare, è con l’attacco alle Torri Gemelli dell’11 settembre, perché anche quell’operazione sfruttò l’elemento della sorpresa per essere messa in atto. Date queste premesse la reazione di Israele è giustificata e si configura come giusta vendetta per il danno ricevuto. In questi momenti in cui l’odio prevale è quasi inutile parlare di misura della reazione, perché la misurazione presuppone una base razionale che in questo momento non esiste.
L’azione di Hamas ha evidenziato una situazione nuova, che cioè Israele non è invulnerabile, nonostante possegga l’esercito più potente del Medio Oriente. Questo fatto ha generato in Israele un senso di insicurezza e di apprensione che egli cerca di placare ponendosi l’obiettivo di eliminare Hamas; da qui l’imponente operazione di terra che si appresta a lanciare nonostante che essa comporti la perdita di molte vite, palestinesi e israeliane.