Inchiostri 83. Leonardo Sciascia spilla il vino dalla botte

di Antonio Devicienti


Foto di Ferdinando Scianna.

Leonardo Sciascia che spilla il vino dalla botte: non mi stanco mai di guardare questa foto perché lì c’è tutto il senso dello scrivere e del riconoscersi appartenente a una determinata civiltà. Le radici contadine generano uno scrittore perfettamente consapevole della modernità (industriale e prevalentemente urbana) cui egli pure appartiene.

Ma la bellezza e l’emozione risiedono anche nell’atto fisico, concreto, di spillare il vino, così come di scrivere o di passeggiare – Sciascia si ritira a scrivere in una stanza di monacale eleganza nella casa in contrada “La Noce”: da lì l’Europa è vicinissima, presente, dialogante.

Chinarsi a spillare il vino dalla botte, probabilmente per offrirlo agli ospiti  – Sciascia amava cucinare per i propri amici e in quest’atto c’è tutto il senso di un prendersi cura e di un ospitare che affonda le proprie radici nella cultura più antica del Mediterraneo. E, similmente, mi vien fatto di pensare, faceva con i libri altrui quando scriveva quei suoi inarrivabili risvolti di copertina o sceglieva (con cura, appunto) le illustrazioni (era un sapiente amateur d’estampes).

Stare a tavola a conversare: con-versare, cioè andare e venire, muoversi col e nel discorso.

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