di Paolo Vincenti
“Sto lanciando il mio sos
oltre il muro chi c’è
chi mi a scolta da là
batta un colpo per me
non lasciatemi qui da solo”.
(Gatto Panceri – S.O.S.)
Ecco, uno bravo. Gatto Panceri sa fare il pop (ma per lui, come quasi per tutti, la spinta propulsiva ad un certo punto si esaurisce). Il pop è un’espressione dell’anima, certo, ma nella musica, se non prodotto secondo gli stilemi più furbi del teen pop acchiappa adolescenti, può risultare pregevole e degno di stare accanto ai più nobili generi del soul, del rock e del jazz. Quello di Gatto Panceri è un pop molto raffinato, con venature rock, e con testi che, seppure quasi invariabilmente incentrati sull’amore, possiedono una scrittura molto efficace, basata su rime perfette, con una melodia che lascia spazio a frequentissimi cambi di tempo. Le canzoni d’amore, appunto, costituiscono quasi interamente i suoi dischi, che potrebbero definirsi dei concept album. Panceri non è un cantautore “impegnato” nel senso novecentesco del termine ma questo non vuol dire che non abbia una coscienza civile che infatti si manifesta di tanto in tanto in alcuni testi del suo vasto canzoniere. Dotato di una voce rock bella e graffiata al punto giusto, certo non dotato di un “fisico bestiale”, negli anni Novanta, che sono quelli della massima creatività, Panceri pubblica una serie di album che costituiscono delle pietre miliari del pop rock nostrano.