di Clara Allasia
I Sentieri nascosti del titolo (Sentieri nascosti. Studi sulla letteratura italiana dell’Otto- Novecento, Lecce, Milella, 2016) sono percorsi «poco esplorati, a volte impervi» che Antonio Lucio Giannone, dichiara nella Premessa di preferire alle «strade ben segnate sulle mappe letterarie e ampiamente battute» (p. 9). Il pioniere, che aveva ispirato l’introduzione di Giovanni Getto alla Storia delle storie letterarie (1), ma anche l’alpinista che cerca una nuova linea di salita, sono i modelli a cui guardare per questo volume che si muove attraverso un intreccio di generi, dalla memorialistica risorgimentale al reportage, dal romanzo alla poesia dialettale, fino all’esercizio critico. Non deve ingannare la mappa, di esibita schematicità e in scala ridotta, che, offerta al lettore nella seconda di copertina, mostra solo le tre sezioni principali: la prima costituita da un Trittico su Sigismondo Castromediano, la seconda relativa a Scrittori e scrittrici del Novecento, soprattutto in margine a elementi meno noti della loro produzione e, infine, la terza, Critica e critici, relativa ad aspetti particolari del lavoro critico di Luigi Russo, Mario Marti e Donato Valli. In realtà, addentrandosi nella lettura, si verifica ciò che si osserva passando da una carta stradale a una escursionistica, perché i saggi, nel loro susseguirsi, rivelano numerosi percorsi secondari che intersecano i sentieri principali inizialmente suggeriti e portano il lettore a individuare le reali caratteristiche orografiche del volume: in primo luogo la consonanza costante fra l’autore e l’oggetto critico indagato e, in secondo luogo – per tornare a parlare di carte, questa volta reali – l’appartenenza geografica, dal momento che tutti gli autori di cui si discorre (tranne Russo) vengono colti nel loro rapporto, episodico o lungo una vita, con il Salento. Ed è questa una cifra che Giannone rende esplicita nel suo ricordo di Valli, collocato in chiusura del volume, raccontando come, nel primo corso di Letteratura moderna e contemporanea tenuto all’Università di Lecce, fosse stato capace di «tramettergli quella passione per il Salento, per la “piccola patria”, che non lo ha più abbandonato» (p. 196).