Vittorio Bodini tra Spagna e Italia

Il rapporto di Bodini con la Spagna è al centro anche dei contributi di Carolina Tundo e Antonio Lucio Giannone, entrambi interventi di carattere critico-filologico su alcuni scritti bodiniani ancora inediti. Tundo indaga sulle origini della «vocazione ispanofila» dello scrittore, le cui tracce andrebbero ricercate in  alcuni lavori del periodo romano che va dal 1944 al 1946, quindi immediatamente prima del trasferimento in Spagna: in particolare il Diario romano, il racconto autobiografico Roma 1944 e una prosa argomentativa intitolata Quaderno giallo. In questi testi emerge la sensibilità per la lingua spagnola, avvertita come da sempre naturalmente familiare; ma anche per alcune corrispondenze culturali tra la Spagna e il Salento come due volti dello stesso Sud e per alcuni «miti» della cultura spagnola, come il Don Giovanni: il periodo romano si rivela insomma fondamentale per la costruzione del parallelismo tra Sud e  Spagna, centrale nella produzione successiva.

L’intervento di Antonio Lucio Giannone si focalizza invece sul Quaderno verde, un Diario spagnolo inedito, che testimonia le primissime esperienze spagnole di Bodini: inaugurato il 23 novembre 1946, il diario copre i primi due mesi del soggiorno madrileno. Lo scrittore racconta degli incontri con i vari esponenti della letteratura spagnola e dei luoghi di incontro della vita culturale madrilena, nonché dei progetti che andava delineando nei primi giorni della sua permanenza in terra iberica. Anche Giannone sottolinea il ruolo di mediatore culturale che, consapevolmente e intenzionalmente, Bodini assume in queste pagine, attraverso un confronto serrato tra le due nazioni e puntando l’attenzione soprattutto sulla poesia spagnola del Novecento; vengono acutamente evidenziati già in questo primo resoconto tutti quegli elementi che caratterizzeranno la prosa bodiniana di argomento spagnolo: la caratterizzazione dei personaggi, la descrizione degli ambienti, l’ironia sorniona del narratore, ma anche la sensibilità nei riguardi del discorso sulla poesia e sul ruolo dell’intellettuale.

Entrando nel pieno della produzione di argomento spagnolo, Juan Carlos de Miguel y Canuto approfondisce quel piccolo gioiello della letteratura – come lo definisce lui stesso – che è il Corriere spagnolo, un libro-non libro in cui lo studioso cerca di individuare gli elementi strutturali che rendono il volume non una mera sequenza di scritti giornalistici ma un’opera con una sua coerenza interna. Tra i tratti analizzati, la struttura sintattica dei titoli, la disposizione tripartita dei singoli racconti secondo lo schema «introduzione-intreccio-conclusione», l’attenzione ai dialoghi e alla dimensione autobiografica; mentre da un punto di vista tematico ritorna il confronto tra la cultura italiana e quella spagnola davanti a grandi temi come la morte e l’amore, ma anche temi di portata storico-politica, come la guerra e la censura.

Si discosta dall’ambito strettamente ispanico Paolino Nappi, che nel suo contributo cerca di individuare, sulla scorta della stretta relazione tra scrittura e biografia a proposito della produzione bodiniana, un Bildungsroman che attraversa la vita stessa dello scrittore, dall’unico romanzo Il fiore dell’amicizia, risalente ai primi anni Quaranta, al racconto lungo Il contino Danilo, uno degli ultimi scritti di Bodini, passando per un altro racconto,  Il gobbo Rosario. Lo studioso individua nel percorso di Bodini un progressivo cambiamento nei confronti della giovinezza e della relazione tra il soggetto e la sua terra: si parte dalla conoscenza di sé e dal desiderio di fuga, si attraversa un luogo altro, provando lo struggente desiderio di un ritorno impossibile per poi ritornare effettivamente nella propria terra, con la consapevolezza di volerci restare, giocandosi il tutto per tutto.

Restando sul piano biografico, Simone Giorgino offre un approfondimento sul sodalizio Alberti-Bodini: il critico sottolinea come lo scrittore leccese si rivolgesse allo spagnolo non in veste di critico o di traduttore, bensì come un poeta che parla a un altro poeta, riconoscendo nell’altro un fratello maggiore. Il lavoro critico su Alberti costituirebbe così una via agevolata per conoscere e spiegare meglio sé stesso, e non è un caso che effettivamente entrambi i poeti siano accomunati dal tema del Sud, rappresentato attraverso le sue luci e le sue ombre. A ulteriore testimonianza della fraterna amicizia instauratasi tra i due «meridionali», Giorgino conclude il suo contributo con la bellissima poesia dedicata da Alberti al «tragico fratello» subito dopo la sua morte.

I due contributi successivi approfondiscono due aspetti diversi del Bodini ispanista: quello dello studioso del Siglo de Oro e quello del traduttore di Don Chisciotte. Nel suo articolo, Evangelina Rodríguez Cuadros prende in esame due importanti lavori di Bodini: Studi sul Barocco di Góngora (1964)e Segni e simboli nella «Vida es sueño»: dialettica elementare del dramma calderoniano (1968). La studiosa sottolinea due meriti del lavoro bodiniano: l’ispanista fu infatti tra i primi ad abbandonare il pregiudizio di crociana memoria nei confronti del Barocco, valorizzandone invece la funzione di alternativa al mondo classico e riconoscendone l’alto contenuto di rottura e originalità; inoltre inaugura un approccio strutturalista ai classici spagnoli, individuando nell’analisi linguistica una chiave di interpretazione della poesia gongorina e del teatro calderoniano, in cui la parola assume la forza plastica sufficiente per costruire la realtà.

Eva Muñoz Raya offre un contributo sull’attività traduttiva di Bodini, meno valorizzata rispetto a quella del critico: secondo la studiosa il poeta leccese si collocherebbe in quella macriana «terza generazione novecentesca» per la quale l’attività di traduzione è una operazione letteraria in sé stessa, rivolta a scrittori avvertiti come particolarmente vicini alla propria sensibilità. Al centro della riflessione si pone il tentativo di comprendere se il Don Chisciotte bodiniano sia più vicino a un modello di traduzione documentaria o strumentale, sottolineando l’ovvio e importante influsso delle politiche culturali della casa editrice Einaudi su alcune scelte traduttive: attraverso la puntuale analisi di queste ultime, l’autrice dimostra che quella offerta da Bodini è una traduzione che si discosta dalla lingua letteraria, per cedere il passo a una lingua più neutra e moderna, facilmente gestibile dal lettore italiano.

Chiude il volume un intervento di Pantaleo Luceri sulla fortuna critica dell’opera di Vittorio Bodini in Spagna: scarsa è stata l’attenzione sull’attività di poeta e traduttore, mentre maggiormente studiato è stato il lavoro critico. Nello specifico, nel 1971 vengono tradotti in spagnolo sia I poeti surrealisti spagnoli (1963), sia gli Studi sul Barocco di Gongora (1964) e Segni e simboli nella «Vida es sueño» (1968) raccolti nell’unico volume Estudio estructural de la literatura clásica española: entrambi gli scritti suscitano apprezzamenti ma anche qualche riserva. Per l’attività del traduttore, Luceri registra una maggiore attenzione per Il teatro di Federico García Lorca e per il Don Chisciotte; mentre per quanto riguarda la produzione del poeta e dello scrittore, la poesia bodiniana risulta avere avuto maggior successo rispetto alla prosa, anche perché quest’ultima non era conosciuta.

[Recensione a Palabras tendidas: la obra de Vittorio Bodini entre España e Italia,  a cura di Juan Carlos de Miguel y Canuto, València, Universitat de València, 2020 in “OBLIO”, X, 40, pp. 204-206]

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