di Francesca Norberti
Miriam Petrosyan è nata in Armenia nel 1969. Discende da una famiglia di artisti ed intellettuali: i nonni sono rispettivamente il più grande artista figurativo e il più grande favolista armeni contemporanei. Ha studiato grafica e per vent’anni ha lavorato nel cinema. Per scrivere La casa del tempo sospeso ha impiegato circa dieci anni. Ha ricevuto moltissimi premi, tra cui il Russian Literary Award 2010 per il miglior romanzo.
Con una narrazione corale, il romanzo esplora i punti di vista degli abitanti della “Casa”, un istituto situato nella periferia di un’anonima città che accoglie bambini e ragazzi con disabilità fisiche e mentali. Il racconto rimbalza continuamente dal presente, in cui dai personaggi portano a turno il proprio punto di vista parlando in prima persona, al passato in cui il narratore onnisciente si sofferma sull’esperienza di Grillo, un bambino arrivato nel collegio dieci anni prima, tramite il quale vediamo tutti gli avvenimenti che hanno portato alla situazione iniziale.
L’autrice ci descrive un mondo – quello all’interno della Casa – estremamente bizzarro e grottesco che con le sue regole leggi e riti creati dagli stessi ragazzi nel corso del tempo, sembra essere totalmente distaccato dalla realtà. Il filone letterario risponde a quello del “realismo magico”: la magia, infatti, non si palesa mai a livello sensoriale ma il lettore percepisce sin da subito (e poi diventa chiaro col procedere della storia) che la Casa è a metà strada tra il reale e il surreale.