Riflessione, analisi e anche confronto. Il futuro del mondo parte dai racconti

 di Antonio Errico

Fino a un certo punto, fino a quando sono state possibili le grandi narrazioni, le storie hanno potuto contare su vasti paesaggi, personaggi giganteschi, viaggi entusiasmanti, fantascienze ardite, strutture possenti, metafore maestose. Poi i personaggi si sono fatti piccoli, fragili,  uomini senza qualità, esistenze alienate,  identità inautentiche. Le strutture si sono ridotte al minimo. I viaggi si sono conclusi; il livello delle metafore si è quasi azzerato. I paesaggi si sono trasformati in schiacciati fondali di scena, immobili, immutabili. I vasti paesaggi si sono trasformati in interni anonimi e disadorni.

Scriveva Mario Luzi: “Non più lunghi poemi, suppongo./ L’anima brucia rapidamente la sua scorza,/la mente divora la metafora,/ il significato è fulmineo”.

Le narrazioni sono  cambiate. Se una narrazione è la rappresentazione del mondo o almeno la rappresentazione della percezione e della visione del mondo, allora era inevitabile che le nostre narrazioni cambiassero: nella struttura, nelle forme, nella stessa idea di narrazione. Era inevitabile che cambiassero per la semplice o complicata ragione che sono cambiate le percezioni, le visioni, le idee del mondo, i profili di esistenza, le configurazioni dei destini, gli interrogativi, i dubbi, i ragionamenti. A volte, e per certi aspetti, consapevolmente; altre volte, e per aspetti diversi, inconsapevolmente. Però è cambiata la nostra relazione con il mondo e con le creature che lo abitano.  E’ cambiato l’immaginario,  la percezione del confine, quella della possibilità o dell’impossibilità di comprendere le manifestazioni della natura e di reagire ai suoi fenomeni. E’ cambiato  il modo di pensare il vicino e il lontano, di essere nel vicino e di raggiungere il lontano, anche il lontano che in qualche modo ci riguarda o ci appartiene. E’ cambiato il nostro concetto e il nostro sentimento del tempo. Siamo cambiati noi. Di conseguenza sono cambiate  le parole e la forma delle parole con cui raccontiamo di noi, del nostro essere nel tempo presente, dell’essere stati in quello passato; è cambiato  il racconto  delle fantasie su come saremo in quello futuro.

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