di Mariantonietta Sollazzo
«Io sono un borghese di sinistra» (p. 104): è così che si presenta Michele Serra, autore e protagonista de Gli sdraiati. Fervente attivista, giornalista e scrittore, nel 1975 inizia a scrivere per «l’Unità», dedicandosi in particolar modo all’inserto satirico «Tango», grazie al quale vincerà, nel 1986, il premio Satira Politica Forte dei Marmi per la sezione Giornalismo. Dal 2003 al 2013 è stato autore televisivo di Che tempo che fa, programmacondotto da Fabio Fazio. Ha scritto per «l’Espresso» e attualmente collabora con «la Repubblica» e «Il Post».Dedica parte della sua brillante carriera alla stesura di romanzi di critica politico-sociale, tema centrale dei suoi scritti e della sua vita quotidiana; ed è proprio nel suddetto romanzo che si evince questa commistione tra sfera professionale e privata, dove l’autore, però, decide di porre l’accento su quest’ultimo aspetto.
Il personaggio Michele Serra è, infatti, innanzitutto un padre che si mostra in tutta la sua vulnerabilità innanzi a uno scontro generazionale senza precedenti: il rapporto tra padri insicuri e giovani annichiliti e dormienti, quindi, «sdraiati». «Ma perché l’uomo, da qualche tempo, non riesce a stabilire nessi (di qualsiasi genere) con ragazzi […] come te. Non sa ̶ non si capisce ̶ se questo muro invisibile sia la semplice riedizione dell’eterno conflitto tra genitori e figli […]. Oppure se qualcosa di inedito, sconosciuto […] stia separando per sempre i pensieri e gli atti delle ultime leve dell’umanità ̶ voi ̶ da tutto ciò che li ha preceduti» (p. 31). Rispecchiando il suo pensiero partitico, Serra spesso attribuisce la colpa di questa incomunicabilità generazionale a fattori esterni come il capitalismo, che ha reso gli adolescenti connessi solo all’interno del loro micromondo, estraniandosi da tutto il resto; allo stesso tempo, però, lo scrittore ammetterà che il rapporto conflittuale con suo figlio è causato anche dalla scelta di non esercitare alcuna autorità genitoriale nei confronti di un ragazzo disattento a qualsiasi problema estraneo ai suoi personali interessi: tutto questo è frutto di una dietrologia antropologica ignota oppure è la naturale conseguenza di un accentrato individualismo borghese e di un atteggiamento quasi arrendevole verso la sfida educativa? «Lei deve parlare di più con suo figlio» (p. 56) gli ripeterà con insistenza il tatuatore amico dell’adolescente.