Chi guadagna e chi perde dalla riduzione del cuneo fiscale

di Guglielmo Forges Davanzati

È in discussione la prossima Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef), da presentare in Parlamento entro il 27 settembre, nella quale si delineano i principali interventi che il Governo intende porre in essere nella prossima Legge di Stabilità. È nota la convinzione che dovrebbe trattarsi di una manovra “prudente”, in linea con quella dello scorso anno, che non produca, cioè, ulteriore deficit e che anzi contribuisca a ridurre l’esistente. Va inizialmente precisato che la manovra finanziaria di quest’anno è fortemente condizionata dall’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE (che rende più costoso il servizio del debito pubblico) e dall’imminente entrata in vigore del Patto di stabilità e crescita riformato (che, superando la stagione del NGUE, ripropone sentieri di rientro dal debito, attraverso politiche di compressione della spesa). Il rallentamento della Germania e della nostra economia, in più, implica minori entrate e accresce la differenza tra indebitamento netto tendenziale e programmatico. Per conseguire un indebitamento netto programmato del 3,5% del Pil per il 2024, occorre disporre di maggior gettito (o minore spesa) per un ammontare compreso fra 7 e 8 miliardi di euro. Inoltre, gli interessi sul debito ammontano a quasi 4 miliardi e si configurano come spesa del tutto improduttiva, peraltro crescente (e tradizionalmente causa fondamentale dell’aumento del debito pubblico italiano), ovvero come un trasferimento di risorse dal lavoro dipendente alla rendita finanziaria.

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