Manco p’a capa 164. Risorsa mare


La logica dell’evento di destra è esattamente la stessa della sinistra: il mare ci può fornire tante risorse: sfruttiamole. Obtorto collo, comunque, devo ammettere che nel Piano Mare approntato dal Governo, e presentato durante il Forum, la sostenibilità e la protezione dell’ambiente ci sono. D’altronde, la Commissione Europea si prefigge il Green Deal e la sostenibilità ma poi, per il mare, parla di Crescita Blu: l’economia deve crescere, sfruttando le risorse marine. All’infinito si dice che la crescita infinita è impossibile, e poi che si chiede?: la crescita.
Devo dire che i miei argomenti sono stati accettati, almeno a parole. Scambiare convenevoli e battute con i Ministri del Governo Meloni mi faceva sentire come Roman Polanski nel ballo dei vampiri, in Per Favore Non Mordermi Sul Collo, quando, alla fine, lo specchio rivela che tre dei convenuti non sono vampiri. E invece no. Potrebbero esserci spiragli. Certo, ho sentito affermazioni tipo: la pesca a strascico non danneggia i fondali, ci sono anche studi scientifici che lo dimostrano. Ma cose del genere si sentivano anche da altre sponde politiche. Purtroppo.
I tecnici (mi considero tale, anche se mi occupo di scienza e non di tecnologie) non devono guardare ai colori politici di chi li consulta e non dovrebbero fornire pareri per compiacere il politico di turno, come spesso avviene. E i politici dovrebbero guardare esclusivamente alle competenze di quelli a cui chiedono supporto tecnico: gli yes men sono come i medici pietosi che fanno le piaghe verminose. In un mondo ideale dovrebbe essere così. L’Italia, però, di solito si basa su rapporti di fedeltà, e non di fiducia nelle competenze.
Dopo tanti anni mi sono convinto che i tecnici, in politica, siano deleteri. I tecnici devono supportare la politica, non sostituirsi ad essa. Il contributo di chi ha competenze in campo ecologico deve essere mediato con i contributi di chi ha competenze in economia, in geopolitica, in sociologia e in tecnologie: ci vogliono i politici per trovare compromessi virtuosi che tengano conto di tutti i pareri.
Nel mio discorsetto al forum Ambrosetti, però, ho avvertito che il capitale economico si basa sul capitale naturale. Basta pensare alla pesca: quando ha smesso di fornirci le risorse di cui abbiamo bisogno, abbiamo migliorato l’efficienza dei prelievi. A fronte di un’ulteriore carenza di risorse (pesci), abbiamo aumentato ancora l’efficienza delle tecniche di pesca. Ora siamo efficientissimi… peccato che non ci siano più pesci. I pesci sono il capitale naturale, senza il quale non può esistere un capitale economico derivante dalla pesca. Lo stesso vale per qualunque settore economico. La sostenibilità consiste nel mediare tra le necessità di guadagno economico e la necessità di preservare il capitale naturale, senza il quale il capitale economico si esaurisce: è questo il senso della transizione ecologica, nel nostro stesso interesse.
La solita obiezione (vallo a dire ai Cinesi) si smonta facilmente. Siamo stati noi (l’Occidente) a delocalizzare i sistemi di produzione inquinanti in Cina, e siamo noi i principali clienti della Cina. Pensavamo di essere furbi, e ora siamo legati mani e piedi alla Cina. Forse dovremmo riappropriarci di produzioni che abbiamo delegato ad altri, e dovremmo importare solo merci che siano state prodotte rispettando le nostre leggi. Non si tratta di autarchia e protezionismo, ma di coerenza e di sostenibilità economica, ecologica, e sociale. Dobbiamo fare quel che è giusto, e che gli altri sbaglino non è un buon motivo per sbagliare anche noi.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 25 settembre 2023]

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