di Paolo Vincenti
Una pittura anarchica, una testimonianza di impegno civile, una battaglia personale contro la massificante, omologante cultura di questi anni. Può un percorso artistico rappresentare tutto ciò? Ha ancora senso, mi chiedo, osservando le installazioni di Luigi Latino, nel suo piccolo atelier-bottega nel centro storico di Galatina, nell’era della globalizzazione, in cui i codici espressivi hanno subito una compatta, stirata uniformità, in cui si è solo quello che si appare e si è solo in quanto si appare, ha senso, dicevo, prendere posizione, in un momento in cui sembra dominare il qualunquismo più deprimente ? In questi tempi di plastica, caratterizzati da un edonismo di ritorno, dopo il crollo delle ideologie e il declassamento di ogni antico valore a stupida rivendicazione di nostalgici conservatori o reazionari, ha senso tenere alta la bandiera della propria integrità morale, issare il vessillo di alcune battaglie politiche che sono storico patrimonio delle sinistre italiane? O non rischia forse di apparire, questa, una campagna di retroguardia, e il fautore di certe spinte utopistiche sembrare una sorta di don Chisciotte contro i mulini a vento del falso moralismo e dell’ingabbiamento del libero pensiero?
Carissimo Paolo, le mie non sono battaglie, o spinte utopistiche, per non parlare del falso moralismo, sono fatto cosi, per quanto riguarda la libertà di pensiero, son sicuro di averla. Un abbraccio.