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In Italia ci siamo lontani (ancora, per fortuna), ma già oggi negli Stati Uniti molti libri vengono esposti a censura per i contenuti, oltre che per la lingua. Liste di titoli spaventano librerie, scuole e gruppi di varia ideologia. Eccone alcuni, quasi alla rinfusa. «Il giovane Holden», capolavoro di J. D. Salinger, che negli Usa fa parte dei programmi scolastici (come da noi «I Promessi Sposi»), messo in discussione perché tratta temi come la solitudine, l’ipocrisia e il cinismo e presenta spunti di riflessione non sempre “ortodossi” su diversi aspetti del mondo adolescenziale: scuola, famiglia, rapporto col gruppo dei pari, costruzione dell’identità, concetto di amore, idea della morte. «Il buio oltre la siepe», di Harper Lee, pubblicato nel 1960, vincitore nel 1961 del premio Pulitzer per la narrativa, bandito perché l’argomento “razzismo” è troppo scabroso. «Uomini e topi» di John Steinbeck, con la dura denuncia dello sfruttamento, e un altro “pericolosissimo” libro dello stesso autore, «Furore», ambientato negli anni della Grande Depressione, critico nei confronti della società americana, dove ad essere umiliati sono sempre gli ultimi. Nella categoria dei libri censurati è il «Grande Gatsby» di Francis Scott Fitzgerald. E poi via via, di censura in censura, fino all’immancabile «Lolita» di Vladimir Nabokov. Perfino «Harry Potter», che racconta le avventure del notissimo maghetto, è uno dei libri banditi da una parte della cultura e della società americana.
Non solo i contenuti e i temi, entra il ballo anche la lingua, come abbiamo visto nel primo esempio (Agata Christie, «Ten Little Niggers»), a partire da espressioni verbali ritenute offensive o denigratorie. Qualcuno, ironizzando, è arrivato a dire che di questo passo non potremo chiedere al nostro dentista un trattamento per sbiancare i denti né comprare un dentifricio che ci procuri una chiostra dentaria bianchissima, per non rischiare di offendere (involontariamente) coloro che hanno la pelle nera. Da qualche tempo si intensificano manifestazioni su cui è giusto riflettere. La censura fondata sul “politicamente corretto” tende ad allargarsi e investe perfino statue e simboli vari. Il logo della squadra di football americano dei «Redskins» (‘pellerossa’) di Washington raffigurava un capo tribù indiano ritratto di profilo, con due piume ornamentali sul capo; dopo lunghe polemiche e dibattiti, la squadra ha rinunciato al logo e allo storico nome, cambiandolo in «Commanders».
Nato con le migliori intenzioni, il politicamente corretto è una questione di disciplina del linguaggio (e dei comportamenti) che tuttavia può generare episodi in cui si perde di vista la sostanza dei problemi. Doverose campagne per una lingua che rispetti deboli e minoranze, che tuteli i diritti umani, corrono il rischio di debordare dalle finalità iniziali, respingendo in blocco (senza distinguere) ogni manifestazione che appaia discriminatoria, razzista, omofoba. Il fenomeno non può essere liquidato con un’alzata di spalle o con un sorriso, contiene sintomi preoccupanti. È la paura che porta a sconsigliare la lettura di Jane Austin o di Charles Dickens, a cambiare nome e logo di squadre di football, ad abbattere le statue di Churchill (responsabile del colonialismo inglese) o addirittura di Cristoforo Colombo (reo di aver scoperto l’America e di aver provocato, sia pure indirettamente, la morte di migliaia di nativi di quel continente). Nelle sue manifestazioni estreme, la cosiddetta «cancel culture» mi preoccupa, non si possono cancellare la cultura e la storia, né i libri che ne fanno parte. Il passato va capito e spiegato (non censurato), proprio per evitare che alcune manifestazioni aberranti (che a ragione rifiutiamo) possano ripetersi. Le democrazie non possono mettere in discussione i propri ideali, le radici sulle quali la nostra civiltà si è costruita: libera espressione del pensiero fondata su fatti e documenti, interpretazione non preconcetta degli stessi. Le conseguenze culturali dell’ansia possono essere grottesche, quelle politiche possono diventare drammatiche.
Manifestazioni del passato e libri vanno contestualizzati, collocati nel momento in cui furono generati, spiegati nelle scuole dai professori agli studenti. Se la spiegazione è ben fatta, se la mente di chi ascolta è duttile e non prevenuta, la conseguenza è rassicurante. I libri, tutti i libri, devono continuare a vivere nelle scuole e ovunque. Aiutano a capire, quindi a vivere.
In Italia si legge pochissimo, affermano le statistiche. I ragazzi leggono sempre meno, dichiarano i professori. E invece i libri sono preziosi, nei libri c’è tutto. Forse un giorno impareremo a entrare in una biblioteca o in una libreria come oggi entriamo in un supermercato. Entri con il tuo carrello, guardi, scegli quello che più ti piace o ti interessa, fai della lettura il cibo che nutre il tuo spirito e la tua intelligenza.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 24 settembre 2023]