Di mestiere faccio il linguista 18. Nuova narrazione? Sì, ma quale?

Per l’esecuzione del suo lavoro, a Winston arrivano striscioline di carta che contengono, nella Neolingua coniata dal regime, succinte indicazioni per ristabilire la “verità” ufficiale, a cui tutti devono conformarsi. Ad esempio: «discorso Times 17.3.84 malriprodotto africa rettif» significa: un articolo del Times del 17 marzo contiene notizie che è necessario modificare o, per usare il verbo stampato sulla strisciolina, rettificare. Nel caso specifico, il Times ha riportato un discorso del Grande Fratello il quale aveva previsto che, nella guerra in atto, l’esercito avrebbe sferrato una grande offensiva nel Nord, lasciando tranquillo il fronte dell’India meridionale. Invece è successo esattamente il contrario. Ma il Grande Fratello non può mai sbagliare, non fa previsioni errate. Di conseguenza, è necessario riscrivere quel paragrafo del discorso del Grande Fratello, facendogli predire ciò che è esattamente avvenuto.

Per evadere la pratica, Winston riscrive nel senso auspicato la copia del Times del 17 marzo e la spinge in un tubo ad aria compressa che è nel suo ufficio, e che trasporta i nuovi fogli in un luogo a lui ignoto. La nuova copia del Times diventa quella ufficiale (anzi l’unica, perché la precedente viene distrutta). Tale processo di continua trasformazione si applica non solo ai giornali, ma ai libri, ai periodici, agli opuscoli, ai manifesti, alle circolari, ai film, ai documentari, alle colonne sonore, alle illustrazioni, alle vignette umoristiche, alle fotografie, a qualsiasi genere di roba stampata e comunque documentata che possa avere un significato politico o ideologico (quando Orwell scrive il suo romanzo la rete non c’era ancora, ovviamente). Giorno dopo giorno, minuto per minuto, il passato viene riscritto, con una nuova narrazione. 

Se sfogliamo i media delle ultime settimane, il sintagma «nuova narrazione» ricorre in contesti diversi, applicato a situazioni e contesti svariatissimi. «Una nuova narrazione delle periferie, per riconoscerne la storia e l’archeologia» recita un titolo di «Archaeo Reporter» del 20 agosto 2023. L’articolo spiega che le periferie urbane, una delle espressioni architettoniche, economiche, culturali, sociali e urbanistiche più importanti del nostro tempo, non sono adeguatamente considerate. Si tratta invece di riconoscere a tali quartieri un’importanza spesso trascurata, raccontarne la storia valorizzandone i resti, i reperti, i segni materiali. Servirebbe, conclude l’articolo, una nuova narrazione. Il filosofo Umberto  Galimberti, piuttosto noto anche al pubblico televisivo, in un dibattito così commenta le idee del generale Vannacci (di cui molto si è parlato recentemente, regalando a quelle idee una pubblicità immeritata): «Il libro [di Vannacci] vuole fare una nuova narrazione della storia d’Italia». E dunque «nuova narrazione» nella lingua contemporanea viene assumendo il significato di ‘racconto di fatti (del passato e del presente) diverso da quello tradizionale’.

Il cambio di opinioni è ovviamente possibile, anzi è strutturale nell’essere umano. Un’umanità immobile e sempre uguale a sé stessa sarebbe un incubo. E tuttavia, bisognerebbe anche avere l’onestà intellettuale di documentare in maniera rigorosa le ragioni dei nuovi orientamenti. Ripenso al romanzo di Orwell ogni volta  che le cronache riportano dichiarazioni di personaggi noti che presentano in modo per così dire inconsueto fatti del passato (più o meno recente) per adeguarli alla “nuova narrazione”, a loro dire consona ai tempi che viviamo. Resto allibito quando leggo, letteralmente: «Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non». Un personaggio ai massimi livelli delle nostre Istituzioni  dichiara testualmente così a Terraverso, podcast di «Libero». L’attentato di via Rasella, nella nuova narrazione, sarebbe stato in sostanza un atto di vigliaccheria, non una rivolta contro truppe occupanti.

Quel personaggio importante si è poi scusato, dicendo di essere stato frainteso. D’accordo. Manifestare le proprie opinioni è il fondamento della convivenza civile, ci mancherebbe. Ma è giusto pretendere  che le opinioni espresse da chi guida il Paese siano fondate su documenti e su basi scientifiche, su studi e su ricerche serie. Non siamo al bar dello sport, dove ognuno si sente libero di proporre la migliore formazione della nazionale di calcio.

Negare la verità storica non può essere la nuova narrazione. Serve altro. Se fosse sempre improntata a comportamenti adeguati, la politica recupererebbe il ruolo nobilissimo che aveva nella concezione di Aristotele (nel rispetto delle leggi, l’essere umano può essere virtuoso e condurre una vita etica), i cittadini recupererebbero la fiducia nelle Istituzioni (oggi ridotta al minimo) e se ne avvantaggerebbe  la democrazia.       

                                                              [“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 17 settembre 2023]

Questa voce è stata pubblicata in Di mestiere faccio il linguista (sesta serie) di Rosario Coluccia, Linguistica e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

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