Volevo fare un “quarantotto” ma non sono arrivato nemmeno a ventiquattro

di Paolo Vincenti

“E gli assassini sono mica diversi
Hanno mica, mica sei dita e tre piedi
Sono piantine come noi, nei vasi
Sono pellegrini come noi, come noi sui viali
Eppure dicono: “Cosa abbiamo fatto di male?
Solo risolto qualcuno più in fretta
Spaccato il cuore a qualche nonna più in fretta
Sepolta adesso invece che, che fra quarant’anni”

Lucio Quarantotto – Assassini

Quel primo disco “Di mattina molto presto”, del 1982, ebbe un discreto successo di critica. Così anche il secondo, “Ehi là”, del 1986. “Di mattina molto presto”, testi e musiche dell’autore, vinse la Targa Tenco come miglior opera prima e questo diede l’avvio ad una intensa stagione di concerti. Lucio Quarantotto era stato preso sotto l’ala protettiva di Fabrizio De André e infatti il disco venne prodotto da Alessandro Colombini proprio grazie all’intermediazione di De André. Tuttavia nessun riscontro di pubblico. Già chiamarsi Lucio, musicalmente, non era il massimo in quegli anni in cui Battisti e Dalla monopolizzavano la scena musicale italiana. Il cognome però era originale: Quarantotto, scritto variamente in lettere o in cifre, suonava bene e poteva quasi sembrare un nome d’arte. Ma avere una voce molto simile a quella di Claudio Lolli e cantare come De André forse penalizzava. I testi erano visionari, davvero interessanti e poetici per i tempi. Roberto Roversi per esempio compariva con un breve commento sulla quarta di copertina del primo album. Per questo piacque subito alla critica musicale e a grandissimi colleghi come Venditti, De Gregori, Battiato. Lucio voleva fare un “quarantotto” musicalmente, ma c’erano già Vecchioni, Guccini, Lolli, Fossati, ecc. Del resto, erano gli anni Ottanta dei Duran Duran e degli Spandau Ballet, ma soprattutto erano gli anni del disimpegno, ovvero del reflusso, come si disse, dopo tanta militanza politica dei cantautori impegnati dei Settanta. Quarantotto navigava controcorrente e non era De Gregori, Jannacci o Gaber. Un uomo multiproblematico, con un carattere spigoloso e volubile, così lo descrive il suo storico collaboratore Piercarlo D’Amato in un’intervista intitolata “Anatomia di un rissoso”, pubblicata su “L’isola della musica italiana”. (http://www.lisolachenoncera.it/rivista/interviste/anatomia-di-un-rissoso/). Aveva un handicap alla gamba dovuto alla poliomielite contratta da ragazzino. E poi c’era quella specie di idiosincrasia per il pubblico, ovvero la paura del palco che in certi casi poteva diventare paralizzante. Nemmeno il terzo disco, sebbene più curato negli arrangiamenti, sfondò in classifica. “L’ultima nuvola sui cieli d’Italia” (1990), prodotto dalla Sugar, conteneva pezzi notevoli come “Viaggiando verso Jesolo”, “Tripoli”, “Gli assassini”, “I templi Indù”.

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