di Maria Elvira Consoli
Questo recente lavoro di Paolo Vincenti, I segreti di Oppido Tralignano, Tuglie (Le), Agave Edizioni, 2023, pp.90, si può ascrivere al genere del ‘racconto lungo’ per la complessità della trama, per lo sviluppo dei personaggi, ed ancora per le descrizioni dei luoghi e dei paesaggi.
Non è possibile definirlo un vero e proprio romanzo, poiché non ne ha le dimensioni e neppure il tempo narrativo. Evidentemente per questi motivi l’autore ha ritenuto che non fosse necessario un indice, lasciando ai suoi attenti lettori il compito di cogliere il nesso che lega i 13 episodi costitutivi il lungo racconto.
La cifra originale della narrazione va ricercata nell’acuta commixtio di satirico e noir, che calamita l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima pagina, inducendolo a riflettere sugli atroci effetti di una società, in cui ciascuno vive la propria esistenza in base ad un codice capovolto.
Il lettore, pertanto, è come obbligato a guardare alla realtà presentata da Vincenti senza alcun velo d’ipocrisia e, soprattutto, senza l’illusione che gli interpreti dei vari episodi non siano davvero anime perse di un mondo in disfacimento.
In realtà la particolare struttura metaforica e stilistica del lavoro costituisce sotto il profilo non soltanto psicologico – come affermerebbe Francesco Orlando (Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi 1982) – bensì sociologico un testo teatrale molto interessante che non manca di attrarre per le reminiscenze culturali che lo caratterizzano. Tra queste risultano particolarmente significative alcune epigrafi in latino (p.31), che, se campeggiassero sul fondo di una scena teatrale indicherebbero agli spettatori profonde verità: Benemeritis fidus et mitis; Homo quod potest, Fortuna quod vult, Deus quod mandat.
Il racconto, infatti, di Vincenti inizia con il primo episodio nello scenario del ‘Caffè Barbarino’ (p.6) e, seguendo lo schema della ring-composition, si conclude con il 13° episodio che, per unità tematica, presenta la stessa scena, e dall’omonimo titolo ‘Caffè Barbarino’ (p.80).