Racconti sovietici 8. Il sottotenente Kiže 5

di Jurij Nikolaevič Tynjanov

(continuazione)

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Un cane ferito da tanti morsi di altri cani si allontana verso dei campi aperti a curarsi con delle erbe amare soltanto a lui conosciute.

Il tenente Sinjuchaev si allontanò a piedi da San Pietroburgo verso il borgo «Gatčina». Si dirigeva verso la casa di suo padre, non per chiedergli aiuto, ma così, soltanto spinto, probabilmente, dal desiderio di verificare se il genitore esistesse o no ancora a Gatčina. Una volta arrivato, non rispose al saluto del genitore, ma diede soltanto un’occhiata attorno e volle andarsene subito via, comportandosi come una persona timida e perfino leziosa.

Il medico, vedendo il danno nell’abbigliamento del figlio, lo mise a sedere e volle entrare nel merito della faccenda: «Hai perso perfino la camicia al gioco, o hai commesso una grossa mancanza?»

«Non sono vivo» – disse il tenente tutto d’un fiato.

Il medico gli tastò il polso, disse qualcosa sull’opportunità di sanguisughe e continuò a strappargli dalla bocca ogni particolare.

Non appena seppe della cantonata che era capitata al figlio, in preda ad agitazione, scrisse e riscrisse per un’ora una supplica, obbligò il figlio a sottoscriverla, ed il giorno dopo si presentò al cospetto del barone Arakčeev, per farla trasmettere all’imperatore, allegata ad un suo quotidiano rapporto. Nel frattempo, però, ebbe il dubbio se lasciare il figlio nella propria casa, perciò lo mise all’ospedale e sopra il suo letto su una targhetta di legno, scrisse:

   Mors occasionalis

  Morte occasionale

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