di Maria Teresa Pano
Nella recente pubblicazione della casa editrice pisana ETS vedono la luce gli Atti del Seminario di Studi «Cristo si è fermato a Eboli» di Carlo Levi, organizzato dalla MOD (Società Italiana per lo Studio della Modernità Letteraria) in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento e svoltosi a Lecce nei giorni 14 e 15 febbraio 2013.
Il volume, curato da Antonio Lucio Giannone, raccoglie dieci interventi che invitano a compiere un percorso vario e profondo nei diversi luoghi della complessa opera leviana ̶ lo sguardo letterario si interseca con quello artistico, storico e infine critico ̶ fornendo nuove chiavi interpretative e prospettive inedite, nonché un valido punto di partenza per nuovi esiti di ricerca. Come sottolinea il curatore nella puntuale Premessa, Cristo si è fermato a Eboli «riesce a contaminare felicemente generi diversi (romanzo, diario, autobiografia, prosa di viaggio, saggio sociologico e etnologico)». Pertanto le dieci indagini che compongono il volume ̶ attraverso un’analisi multiprospettica e multidisciplinare ̶ pur tenendo conto del carattere multiforme e poliedrico, saldano l’opera in un’ottica fortemente coesa.
In La vocazione nazionale di «Cristo si è fermato a Eboli», Luca Clerici si è soffermato sulla dinamicità dell’opera leviana, rilevata dall’esistenza di due forze contrapposte che si esercitano costantemente a livello testuale: una centrifuga (si pensi al contesto storico in cui viene realizzato, quindi la guerra e la Resistenza; o alla tendenza artistico-letteraria del neorealismo, che andava ad affermarsi proprio in quegli anni) e l’altra centripeta. Dello scritto leviano, definito da Clerici «libro in situazione» (p.12), si mettono in evidenza le funzioni culturale, etica e civile, assieme all’eco politica e al fervore meridionalistico che ne derivarono, così forti da culminare in un generale ripensamento della questione meridionale. Come già detto, l’opera, difficilmente incasellabile in un genere letterario preciso, viene ascritta da Clerici nel filone della memorialistica: «più precisamente si tratta di una memoria autobiografica costruita come un resoconto odeporico» (p. 12), dove prevale anche una matrice orale. La cadenza, la punteggiatura, il ritmo, i frequenti discorsi degli «umili», sono tratti tipici dell’oralità. L’ultima parte del saggio di Clerici prevede un affondo sui personaggi del Cristo, caratterizzati, oltre che dalla psicologia, dalla loro fisionomia: ne siano esempio le frequenti ecfrasi della strega, dei bambini denutriti con le «grandi pance gonfie, enormi», dei contadini affetti da itterizia.