di Ferdinando Boero
La scienza progredisce per prove ed errori. Esiste un consenso unanime su fatti acclarati, una base conoscitiva condivisa da tutta la comunità scientifica, mentre le avanguardie scientifiche si addentrano in territori inesplorati di cui conosciamo poco. I risultati di queste ricerche sono spesso in contrasto con quel che già sappiamo e, magari, costringono a rivedere persino cose che un tempo si davano per scontate. Un esempio? Quando ho fatto l’università, nei primi anni settanta, il pH (la misura di acidità) dell’acqua di mare era considerato talmente costante da renderne superflua la misurazione. Poi ci siamo accorti dell’acidificazione. Lo stesso vale per il cambiamento climatico. In un primo tempo si pensò che le anomalie fossero solo frutto della nostra percezione. Man mano che le tendenze divennero sempre più evidenti, i climatologi iniziarono a dire che forse c’era da preoccuparsi, e dopo qualche anno il cambiamento fu così evidente da fugare ogni cautela: il clima non sta cambiando, è già cambiato! Con una chiara tendenza verso l’estremizzazione dei fenomeni. Lo stiamo vivendo ora: dopo un periodo di caldo mai visto prima, ecco che arrivano le tempeste e le inondazioni. Ce ne sono state in passato, dal Polesine, a Firenze e poi Genova e molte altre, ma ora la frequenza di questi fenomeni è in continuo aumento, e non si può più parlare di semplici fluttuazioni. La totalità degli scienziati del clima è d’accordo, ma altri negano l’eccezionalità della situazione.