di Pietro Giannini
Può sembrare anacronistico scrivere di un libro pubblicato nel 2004. Ma, se, per qualche ragione, si è letto il libro solo ora, il ritardo può essere giustificato. Comunque vi è una ragione sopra le altre che offre questa giustificazione: il libro, e il suo autore, meritano di essere conosciuti. L’A. è un narratore greco del secolo scorso, dal nome quasi impronunciabile, Gheórghios Viziinós (in greco Γεώργιος Βιζυηνός), e di cui nessuno (o pochissimi) ha sentito parlare. La Casa Editrice Argo ha pubblicato, appunto nel 2004, tre suoi racconti: La colpa di mia madre, L’unico viaggio della sua vita, Moskóv Selím. Li ha pubblicati in una bella traduzione di Gianni Schilardi. Ora, se una traduzione è buona o cattiva, lo si capisce subito: se il testo è scorrevole e ‘prende’ il lettore, la traduzione è una buona traduzione. Ed è quello che succede con il testo di Viziinòs. Una breve introduzione, sempre a cura di Schilardi, ci dà le notizie biografiche essenziali: “Georghios Viziinós nacque l’8 marzo del 1849 in un minuscolo centro della Tracia orientale, un villaggio dal nome oscillante, Vizó, Vizíi, Víza (da cui prese il nome). All’epoca, il paesino era uno dei tanti centri di lingua greca all’interno dell’impero ottomano. Lo scrittore apparteneva a una famiglia molto modesta, ma soprattutto funestata da una serie infinita di sventure. Il padre, un povero mercante, di ritorno da un viaggio in Bulgaria, s’ammalò di tifo e morì quando il piccolo Ghiórgos aveva solo cinque anni; già prima della nascita dello scrittore, una sorellina era morta nel modo tragico che trova eco ne La colpa di mia madre, schiacciata dalla madre nel sonno; un’altra sorellina, che si chiamava Annió come la primogenita, nata malaticcia, muore piccolissima, e il fratello Christákis, che faceva il postino rurale, morrà ammazzato attorno ai trent’anni”.
Proseguendo nei ceni biografici, possiamo dire che Viziinós frequentò le scuole nel suo villaggio, poi andò a Costantinopoli per apprender il mestiere di sarto. Intraprese la carriera ecclesiastica che lo portò a Cipro; ritornò a Costantinopoli dove lasciò la tonaca e iniziò l’attività letteraria con l’aiuto di un mecenate. Si recò poi ad Atene, dove entrò in contatto con gli ambienti letterari della capitale. Fu per tre anni in Germania, dove studiò filologia classica e psichiatria, poi a Parigi e nel 1884 rientrò definitivamente ad Atene, dove proseguì con molte difficoltà la sua carriera letteraria. Alcune stravaganze comportamentali lo fecero rinchiudere, nel 1892, nel manicomio di Dafní, dove morì nel 1896.