Elementi come l’esoterismo, il dandysmo e decadentismo si mescolano in questo romanzo, nel quale il momento cruciale della vita di Gaspar (attratto morbosamente dall’idea della morte, dettaglio che si evince chiaramente dalla descrizione particolareggiata dell’agonia che precede il decesso dell’amica), così come di tutto il racconto, sarà rappresentato dalla visita di una figura inquietante, una sirena, che personificherà, come in un indecifrabile ossimoro, l’inizio di tutto, così come la fine al tempo stesso. Montenegro, come si evince da un incontro con il futuro precettore di Rafael, sembra quasi che corteggi la morte, con cui instaura una familiarità che lo accompagnerà fino all’epilogo. Il cognome stesso si associa facilmente al nero della sua attrazione per gli ultimi istanti della vita, contrapposti agli istinti vitali del bambino. Vi è però un momento in cui il lettore può osservare una connessione fra il mondo dei vivi e quello dei morti, ed è rappresentato dal sogno della «Danza della morte», che fa la sua apparizione all’inizio del quinto capitolo. L’abilità dell’autrice consiste nel sottolineare per mezzo di questa danza, che rimanda a quella medievale, la necessità di un rapporto distaccato con la vita.
Lo stile di scrittura della Sirena nera risente fortemente dell’influenza del naturalismo, elemento fondante della carriera di Emilia, che fu però successivamente criticato e giudicato immorale, provocando una vera e propria rivolta. La vastità della sua cultura la portò a mettersi continuamente in gioco, con uno spirito combattivo e reazionario, e con idee anche tra loro apparentemente contraddittorie.
In questo romanzo il tema predominante potrebbe sembrare a primo impatto quello della morte, richiamata in ogni frase, quasi agognata, personificata dagli scheletri, dalla stessa sirena nera che conferisce il titolo all’opera, che si scoprirà poi essere Rita Quinones, ma in più occasioni si manifesta con forza il richiamo della vita, identificata nel piccolo Rafael, e il bisogno di rinascita. La scrittrice ci induce a interrogarci sul significato ultimo dell’opera: è davvero la morte la vera protagonista del romanzo, la spietata Mietitrice che ci coglie impreparati e vulnerabili? O può esistere un’occasione di riscatto da questo destino avverso e apparentemente senza via d’uscita? E soprattutto, come affrancarsi da una società vuota, opprimente, carica di aspettative quasi irrealizzabili, contesto che si adatta non solo all’opera della scrittrice, ma anche ai nostri tempi? Ritengo che l’autrice, volendo porre l’attenzione sul suo spirito ribelle e anticonvenzionale, abbia fornito lei stessa una risposta in questo romanzo, scardinando ogni tipo di valore dalle radici e ricreandolo, per poi riposizionarlo in quest’atmosfera fredda, tormentata, ma intervallata a tratti da messaggi di speranza e di fede nelle nuove generazioni.
[Recensione a Emilia Pardo Bazan, La sirena nera, Neviano (LE), Musicaos Editore, 2021, pp. 173, euro 15.00 – ISBN: 979-12-80202-154.]