La poesia di Girolamo Comi

Il corpo centrale e dominante del novello volume sull’autore salentino è ricostituito dal testo ne varietur delle sue opere liriche maggiori, ossia Spirito d’armonia, Canto per Eva e Fra lacrime e preghiere, che congiungono varie raccolte, talora antologiche, tra cui quelle eponime, e si presentano disposte in una veste editoriale gradevole e in una forma grafica moderna. Inoltre, esse sono incorniciate da quattro saggi, due a cappello e due in appendice, incaricati di filtrare e amplificare la voce lirica del poeta.

L’Itinerario di Girolamo Comi, firmato da Giannone, funge da introduzione al personaggio e alla sua poetica, rimarcandone il valore e lamentandone il mancato inserimento nel canone nazionale. Dopo i rinnegati esordi svizzero-francesi «simbolisti, decadenti e liberty» (p. XVIII), Comi non si arrende alla lirica dell’inquietudine esistenziale o della protesta anticonvenzionale, esulando dalle etichette di facile collocazione, ma esercita la poesia come mezzo di ricerca spirituale, così giungendo nel periodo romano a una prima fase che insiste sul «motivo cosmico e panteista» (p. XXI), di stampo immanente. Il 1933 è l’anno della cosiddetta «conversione al cattolicesimo», attorno al quale scaturiscono le sue riflessioni in prosa in campo religioso e sociale, nonché la sua agnizione del concetto di parola-Verbo, che «permette al poeta di continuare […] l’opera del Cristo» (p. XXVII), comunicando all’uomo la via verso la verità. Ne deriva una seconda fase comiana, sempre legata alla comunione con l’universo, ma di tipo trascendente, in cui risalta l’aspirazione all’assoluto; quivi, l’adesione al cristianesimo si fa più forte e più esplicita, a partire dai titoli e dai contenuti stessi della sua poesia. Gli ultimi anni, segnati dal ritorno nel Salento natio al termine della Seconda Guerra Mondiale, lo vedono coinvolto in «un tipo particolare di “impegno”» (p. XXXIII), quello della fondazione dell’Accademia salentina e della rivista “L’Albero”, più incentrate sui problemi filosofico-letterari che non politico-sociali, come invece quel frangente avrebbe richiesto. Infine, non manca neanche in questo periodo la vena poetica, espressa tramite due raccolte completamente nuove: la prima incentrata sull’amore in senso neostilnovista, la seconda sulla «fiduciosa attesa nel compimento della vita» e sull’«abbandono […] nel grembo della divinità» (p. XXXIX).

La Notizia biografica di Lorenzo Antonazzo traccia le fasi essenziali della vita, schiva e riservata, del salentino, partendo dalla nobile infanzia, passando per le esperienze svizzera e francese e la nevrastenica vicenda del primo conflitto mondiale, per poi mostrare la centralità dell’approdo a Roma, dove assembla la propria famiglia, conosce Onofri, frequenta i salotti letterari e riscopre la fede cattolica, fino agli eventi del secondo dopoguerra, che lo inducono al buen retiro nella dimora baronale natia, in cui, nonostante il dissesto finanziario, riesce a fondare e a far prosperare l’Accademia salentina e la rivista “L’Albero”.

Girolamo Comi: la poesia come inno è, invece, il saggio proposto da Fabio Moliterni, che già nel titolo trapela la propria tesi. Dopo aver ricordato l’estraneità del poeta leccese alle correnti egemoni del tempo, nonostante i vari pareri dei critici in proposito, Comi è presentato come solo tangente al macro-filone ermetico e della lirica religiosa, esulando dalla poesia novecentesca di crisi dei valori e del linguaggio. Al più, la sua poesia è innografica, una «preghiera per “cantare” la misteriosa contiguità tra l’uomo, Dio e la natura, la pienezza e la totalità dell’essere» (p. 300), perciò si può ascrivere alla linea orfico-sapienziale. Ciò viene confermato, poi, dai contatti che ha in vita, come Steiner e Onofri, e dai suoi modelli e dalle sue fonti, come la Bibbia, Dante paradisiaco e Pascal, che fanno di Comi uno scrittore in contrasto con la secolarizzazione del suo tempo.

Giorgino è l’autore, infine, di Un aristocratico isolamento: la fortuna critica di Girolamo Comi. Viene emergendo l’idea di un poeta che fa del distacco dai riferimenti storici e dai registri lirici in voga una precisa strategia contenutistica e stilistica. Comi non ha mai amato le recensioni alla sua produzione, poiché spesso, a suo dire, i critici non lo hanno compreso appieno. In effetti, le stroncature iniziali, in mezzo però a tante voci positive, come Prati, Moscardelli e Bocelli, sono autorevoli: si tratta di Solmi, che lo accusa di astrusità, e di Betocchi che, a conversione compiuta, lo taccia di intellettualismo. Spetta a Bocelli il merito del riscatto dell’autore, in un ampio saggio che sottolinea il compimento della sua scrittura sibillina grazie al passaggio al cattolicesimo. Negli anni del ritiro a Lucugnano, la critica tace, ma gli ospiti stessi del suo cenacolo non sembrano parlarne: Comi non è inserito nell’antologia di Anceschi ed è ricordato dalla Corti solo come organizzatore culturale. La pubblicazione delle liriche stese in quegli anni è accolta in maniera positiva, soprattutto grazie alla mediazione di Macrì, ma interviene poi Pasolini a rimarcarne la marginalità rispetto a una poesia che, frattanto, si è evoluta. Saranno, infine, le monografie di Macrì, Valli e Bocelli a consacrare il poeta: la prima spiega la monotonia di temi e stili come un reiterato tentativo di ricerca spirituale; la seconda giustifica l’assenza di dramma esistenziale in funzione di una poesia contemplativa; la terza parla di variazioni misticheggianti che si misurano con i grandi temi del rapporto tra tempo ed eternità, spirito e carne, errore e certezza. Dopo la morte del poeta, inizia la sua fortuna critica grazie agli interventi esegetici e filologici, di Tondo, Malagoli e dell’instancabile Valli, alla sua sempre maggior inserzione nelle antologie e nei manuali, all’edizione dei suoi testi di poesia e prosa e, soprattutto, al Convegno internazionale in suo onore tenutosi a Lucugnano nel 2001, i cui atti riportano i contributi di insigni studiosi di poesia novecentesca.

Pur nei loro stili di comunicazione così disparati, i quattro accademici risultano accomunati da una forma lineare e polita, tecnica e retorica laddove necessario, ma, per il resto, fluida e fruibile. Chiude il libro un’esaustiva bibliografia della letteratura critica sull’autore posteriore al 1977, anno della precedente edizione, cui si rimanda per i contributi anteriori. Oltre a concorrere al rilancio, sul mercato dei lettori profani, di questo esimio minore della letteratura nazionale, il volume viene a essere, della critica comiana, una pietra miliare da cui nessuno studioso potrà prescindere, peraltro dimostrando che l’interesse per Girolamo Comi non si è mai davvero estinto.

[Girolamo Comi, Poesie. Spirito d’armonia. Canto per Eva. Fra lacrime e preghiere, a c. di A. L. Giannone e S. Giorgino, Neviano, Musicaos, 2019. In “Otto/Novecento”, n. 1, gennaio-aprile 2020, pp. 183-186]

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