La poesia di Girolamo Comi

di Simone Gavuglio

L’editore Musicaos ha recentemente inaugurato la collana “Novecento in versi e in prosa” sotto il segno della lirica orfica del salentino Girolamo Comi (1890-1968), pubblicando in tomo unico le sue Poesie. Spirito d’armonia, Canto per Eva, Fra lacrime e preghiere. Il volume è l’euritmico esito di un lavoro svolto a quattro mani da due suoi conterranei, eminenti voci del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento, ossia Antonio Lucio Giannone, ordinario di Letteratura italiana contemporanea, nonché direttore della collana, e Simone Giorgino, assegnista e ambedue da anni prodighi di contributi sulla poesia italiana del Novecento. Si tratta di un’edizione aggiornata, agile nella lettura e nell’acquisto, nonché scientificamente fondata, i cui principali pregi sono quello di colmare una lacuna editoriale dell’opera prettamente lirica di questo autore, assente quasi da mezzo secolo, e di stimolarne il dibattito critico, parzialmente in stasi.

Seguendo il criterio storiografico di Oreste Macrì, Girolamo Comi è accolto nei cosiddetti poeti di prima generazione, nati tra il 1883 e il 1890, tra coloro che fanno della propria musa il pretesto per un’indagine ontologica, fiera eredità del simbolismo europeo. Del resto, Comi si ascrive alla linea orfica, conosciuta tramite la frequentazione di Arturo Onofri e dei salotti misteriosofici romani, ma mutuata dalla a lui già nota antroposofia di Steiner; in particolare, dopo l’approdo alla fede cattolica, l’autore rientra in quello che si suole chiamare orfismo “cristiano”. Dai suoi componimenti, invero, emergono la contemplazione della realtà naturale quale opera divina («Ed una forza armoniosa invade / le sillabe del sangue e le rende / preghiere piene dove rotea e splende / la rosa aurea dei tuoi cieli, o Padre»), il superamento dell’io individuale in favore di una comunione panteistica con il tutto («Io mi sento tutto giacere / radice di polpe solari / in fratture d’ossami e di miniere / di smeraldi e graniti vetusti»), il ricordo come traccia delle matrici originarie dell’esistenza(«Memoria – singhiozzo più spesso – / un ricordo del caldo di allora / nella valle di luce d’estate / rutilante a traverso me stesso»), nonché l’esplorazione metafisica e trascendente dell’oltre («Ansietà di purezza mi sollevi / fino alle fonti dove Tu allevi / abbaglianti falangi d’Angeli»). È, quindi, una poesia fatta di meditazione, di parziali illuminazioni, che, espresse con il solo mezzo della parola, permettono la comunicazione con il più recondito mistero del cosmo. Anche dopo la fine dell’orfismo propriamente detto, Girolamo Comi continuerà a rivedere i propri testi e a proporre, pressoché inalterata, la sua peculiare versificazione, avulsa dalle mode letterarie del tempo.

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