Pensavo a tutte queste situazioni, di cui si legge sulla stampa e che riempiono i telegiornali, mentre leggevo l’ultimo numero di “aut aut”, la rivista fondata da Enzo Paci nel 1951, che nel numero 398 di giugno 2023 propone come argomento La psichiatria e il futuro della salute mentale, a cura di Mauro Bertani, Mario Colucci e Pierangelo Di Vittorio. La psichiatria, ovvero quel sapere che abbiamo inventato per contrastare la malattia mentale dapprima con la reclusione (i manicomi), poi con pratiche più elaborate e raffinate e solo apparentemente meno repressive. I curatori del fascicolo ci avvertono già in Premessa, che “oggi la psichiatria … è in crisi” (p.3). Si sa, il tempo della crisi è anche quello dei grandi cambiamenti, che non sempre sono forieri di una migliore pratica terapeutica. Sicché chi si meraviglierà se gli effetti deleteri se non spesso tragici delle situazioni evocate all’inizio di questo scritto determinino interventi da parte dell’istituzione preposta alla salute mentale unicamente volti a salvaguardare la sicurezza e il decoro delle città, secondo la logica sancita nel cosiddetto decreto-legge Minniti del febbraio 2017? È la cattiva psichiatria, di cui scrivono Pierangelo Di Vittorio e Alberto Bozzani in Che cos’è la salute mentale? Verso una nuova epoché (pp. 50-64). Ma quel che è peggio è che nel mondo in cui viviamo, nel quale la tecnica sembra aver preso il sopravvento sull’uomo, la psichiatria si va sempre più trasformando in tecnopsichiatria, che i curatori del fascicolo non esistano a definire “una creatura mostruosa” (p. 5). Si legga, in particolare, Mauro Bertani, Appunti per una genealogia del digitale in psichiatria (pp. 198-215), che mette in guardia contro “il potere degli algoritmi” applicati alla soggettività del paziente “che sembra non prevedere più la necessità dell’ascolto” (p. 214). Le grandi tragedie del nostro tempo, a ben guardare, sono il risultato proprio di un mancato ascolto.
Il fascicolo contiene inoltre articoli di Luca Negrogno, Riccardo Ierna, Olga Kalina, Benedetto Saraceno, nei quali si analizzano lo stato della salute mentale e della psichiatria in Italia e altrove. Si segnala Anne M. Lovell, La metamorfosi della questione (salute) mentale (pp. 9-25) che descrive la tragica situazione in cui versa la salute mentale negli USA.
In posizione centrale, tra i Materiali, che come sempre “aut aut” mette a disposizione dei lettori, è riproposta una lunga intervista (pp. 93-128) concessa a Ernesto Venturini nel 1979 dal patriarca dell’antipsichiatria contemporanea, Franco Basaglia, che tutti ricordano come il principale fautore dell’abolizione dei manicomi (legge 180 del 1978). Sua è, nella pagina finale dell’intervista, l’immagine della nave dei matti che occorre affondare se davvero il problema della salute mentale si vuole affrontare seriamente. Che cosa avrà voluto dire Basaglia con questa metafora? Probabilmente solo una cosa, che il problema della follia è inscindibile dal mondo in cui viviamo fondato sulla sopraffazione, il dominio, la diseguaglianza e l’oppressione. Questa è la nave dei folli che bisogna affondare: “allora potrà veramente emergere il problema della diversità per quello che esso è veramente: il problema della nostra vita”. Un insegnamento ancora valido perché non allontana il problema, relegandolo tra le questioni di cui si deve occupare lo specialista, ma ce lo pone dinnanzi come parte inestricabile della nostra esperienza di vita, con cui tutti i giorni facciamo i conti e che potremo risolvere solo pagando il prezzo di una trasformazione profonda del nostro essere uomini; ipotesi, la cui realizzazione, allo stato attuale delle cose, purtroppo, sembra molto molto remota.