di Gianluca Virgilio
Mi piacerebbe iniziare questo breve scritto con una definizione che sintetizzi quel che si vuol dire quando si parla di salute mentale: uno stato di benessere psichico (che poi non può che riverberarsi nel corpo) è in noi se viviamo una situazione che ci appaga completamente, nella quale siamo immersi con consapevolezza e con uno spirito di piena accettazione, che non lascia alcun residuo di scontentezza, di acredine, di sconforto. Allora, stiamo bene con noi stessi e con gli altri e sembra che nulla possa turbarci: una sorta di atarassia, che gli antichi conoscevano bene e giudicavano come l’ideale dell’uomo saggio. Ma ora è necessario, per converso, dire che cosa impedisce la salute mentale, che cosa accade nella mente dell’uomo che con un machete avanza tra la gente e colpisce indiscriminatamente o nella donna che apre deliberatamente il rubinetto del gas e fa saltare in aria il suo appartamento e quello dei vicini o in un adolescente che rifiuta il mondo reale per rinchiudersi nello spazio ristretto della sua stanza e vivere d’una vita virtuale (hikikomori). Potremmo fare anche degli esempi meno clamorosi: che cosa accade nella mente dello studente che non dorme la notte perché non ha avuto il massimo dei voti, che cosa in quella dell’impiegato che non riesce a pagare un mutuo troppo costoso, o in quella di un giovane che smette di cercare lavoro; e gli esempi potrebbero continuare. Tutte queste persone stanno male, la loro salute mentale è compromessa dal desiderio frustrato, dall’ambizione sfrenata, da un calcolo errato e, più spesso, da un ambiente ostile, dalla solitudine… Uno spettro, dunque, si aggira nei nostri paesi: lo spettro della depressione!