di Luigi Scorrano
Da anni Antonio Lucio Giannone nei suoi studi di letteratura italiana, e sul versante della meridionalità che li accomuna, svolge una suggestiva ricerca e mette in evidenza gli aspetti che legano tanta letteratura del Sud alla più ampia prospettiva europea senza nulla negare delle caratteristiche proprie di essa e che vanno considerate nella loro originalità. L’operazione tende ad inverare, con naturalezza, una proposizione di Vittorio Bodini che fu scrittore – poeta e critico – e cantore di un Sud apparentemente impermeabile ai richiami della (se si può dire) “europeità”: «Il Sud ci fu padre / e nostra madre l’Europa».
Giannone raccoglie in questo libro undici saggi di cui sono protagonisti personaggi un tempo noti a un grande pubblico: Cesare Giulio Viola, narratore e drammaturgo, del quale si rilegge con finezza la circoscritta ma significativa produzione poetica; Michele Saponaro, romanziere e biografo dalle grandi tirature; Girolamo Comi, dall’implacata sete di trascendenza; Salvatore Quasimodo alla cui produzione l’autore guarda per definire la misura grande e l’apporto profondo recato dal poeta siciliano, oggi piuttosto ingiustamente trascurato, all’affermazione dei caratteri peculiari di una poesia che affonda le proprie radici nel mito e si fa portatrice d’una nostalgia ch’è come una ferita nel fianco della storia personale e comune; Leonardo Sinisgalli, che esclude dalla sua prosa le suggestioni di modelli ancora attivi e tende a darle una misura nuova in un ritmo ch’è rinnovata ricerca di forte interiorità.
C’è Bodini, ancora, nelle pagine di questi studi; c’è il suo legame con la Spagna, attraverso l’interpretazione della poesia lorchiana proposta dal poeta salentino, che di Lorca fu traduttore esperto e sensibile. A Bodini, scrive Giannone cogliendo della sua produzione un aspetto decisivo, «non interessa la Spagna visibile, ma quella ‘invisibile’, la sua dimensione stregonica e metafisica». Del prosatore, sia che questi tratti argomenti legati alle proprie esperienze salentine o fiorentine o spagnole, Giannone mira a catturare «l’esigenza di un rinnovamento della letteratura che tenesse conto di quanto era accaduto nella società italiana» degli anni ‘30/’40. Lo sguardo che Bodini posa sulla realtà delle cose che lo circondano è uno sguardo ‘salentino’: dalla specola della salentinità però egli traguarda gli avvenimenti che segnano la vita della nazione o quelli che si collocano in un orizzonte più vasto.