Ma si deve imparare a capire quali sono le cose che sono progresso e sviluppo da quelle che ne costituiscono soltanto un’apparenza.
Bisogna imparare a capirlo in tempo, attraverso l’integrazione degli elementi della cultura alla quale si appartiene con quelli della cultura che sopraggiunge.
Verranno mutazioni culturali: profonde, radicali. Lo sappiamo bene, e sarà un gran bene che vengano, probabilmente. Una cultura che non riformula se stessa continuamente, infiacchisce e muore.
Le cose cambieranno. Forse non più di quanto cambiano ogni giorno. Avremo mutazioni. Forse non più di quante, formali e sostanziali, ne abbiamo avute nel Novecento e di quante ne abbiamo nel secolo che stiamo vivendo. Cambierà la nostra esistenza. Forse non più e non meno rapidamente di quanto è cambiata negli ultimi tempi e di quanto cambia in questo presente. Se sarà meglio, se sarà peggio, non possiamo saperlo. Quelli che sono ottimisti sempre e comunque dicono che il cambiamento che si è verificato negli ultimi tempi è stato in meglio, indubbiamente. Hanno ragione. Quelli che sono pessimisti sempre e comunque dicono che il cambiamento che si è verificato è stato in peggio. Hanno ragione. Quelli che si soffermano a riflettere un poco, ad analizzare i fatti, i fenomeni, le storie, a fare il conto dell’impresa e della spesa, dicono che è cambiato un po’ in meglio e un po’ in peggio. Hanno ragione anche loro, forse più di quanto ne abbiano gli ottimisti e i pessimisti sempre e comunque.
Ma con le mutazioni che verranno si dovrà essere in grado di stabilire un confronto critico e dinamico. Non basterà saperle determinare, quelle mutazioni; sarà indispensabile anche saperle gestire, con equilibrio, con saggezza, perché non ci travolgano, perché non ci sconvolgano.
Le mutazioni della cultura si governano esclusivamente con il pensiero perché è il pensiero che le realizza. Allora avremo bisogno di un pensiero diverso; ne abbiamo già bisogno. Una conformazione di pensiero che sia in grado di non accogliere ogni cosa indiscriminatamente, che sia capace di selezionare e di decidere che cosa produce il meglio e che cosa produce il peggio, senza ottimismi o pessimismi stabiliti a priori. Si avrà bisogno di un pensiero che non si pone in modo servile nel confronti delle macchine, per esempio, che va oltre le delimitazioni, quando deve, ma che sa anche fermarsi sulla soglia dell’oltre quando intuisce che scavalcarla non è giusto, non è meglio. Allora è un pensiero che combina sapientemente la razionalità con l’intuizione, la prudenza con l’imprudenza calcolata, la fantasia con la fattibilità, il calcolo con l’azzardo, il rigore con lo stupore.
Forse si avrà bisogno di questo pensiero, negli anni a venire. Per non farci sopraffare dalla ragione senza condizioni dell’algoritmo, per esempio. Per non farci sedurre da qualsiasi sirena che canta, da qualsiasi nuovo che avanza, da qualsiasi avanzo del nuovo, per non farci esultare se qualcuno ci lascia in dono un cavallo di legno sotto le mura della nostra esistenza, per non portarcelo in casa senza prima guardare bene che cosa c’è dentro.
Si avrà bisogno di un pensiero che si affida a quello che sopraggiunge ma che di esso allo stesso tempo diffida, e così commisura, verifica, valuta, confronta, riscontra, distingue il falso dal vero, il superfluo dall’essenziale, la copia dall’originale. Richiamare una competenza del genere potrebbe anche sembrare banale, ma non lo è. Perché sempre di più avvertiamo l’assedio del falso: della falsa notizia, del falso modello, della falsa realtà: la realtà virtuale, aumentata, manipolata, contraffatta, affatturata. La simulazione della realtà; la realtà “altra”, quindi irreale. Ne avvertiamo l’assedio semplicemente per il fatto che abbiamo conservato una qualche capacità di distinguere, che però stiamo rischiando di perdere, per cui potrebbe accadere che ad un certo punto non si sappia più avvertire, per cui percepiremo il vero e il falso come la stessa cosa. Sarà a quel punto che l’identità di questa civiltà sarà definitivamente snaturata. Abbiamo bisogno di un pensiero che sia in grado di impedirlo.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 6 agosto 2023]