di Antonio Prete
Un fulgore tra gli alberi, sulla terra rossa, sui muretti di pietra viva. Negli ulivi la monodia delle cicale : un’onda che sposta il pensiero. Laggiù, le scogliere, poi l’isola del vento. Contro il blu delle acque il celeste delle chiese : nel porto voci mattutine di pescatori gridano i nomi dei pesci. Sui pescherecci ormeggiati sagome in controluce sollevano nasse, ravvolgono reti. Il pensiero risale la costa, segue insenature, rive sabbiose, torri su scogliere. Poi, nella striscia dove il grande golfo s’inarca, appare la città che ha disfatto il suo volto di luce marina. Più oltre si alza la fabbrica che vomita miasmi. Un mostro che accartoccia gli arcobaleni, quando distratti dall’eccidio si levano in alto, sopra il grande ponte.
Memorie di vite contadine ravvolte nella rete scura del ricordo : in quell’ involucro l’ infanzia delle corse in bicicletta, delle case bianche tra eucalipti. Le alte bocche fumanti coprono di cenere il ricordo.
La monodia delle cicale, tra gli alberi. Ti alzi : questo è il paesaggio. La luce, la cenere. Il grido spento.