Dopo il diploma, ha intrapreso da subito l’attività d’insegnamento di Discipline Plastiche nell’Istituto d’Arte di Galatina per tre anni e poi in quello di Nardò per trentadue. Ora è in pensione dal settembre 1997 ma prosegue incessantemente a dedicarsi alle attività artistiche, incrementando il numero delle partecipazioni a mostre e manifestazioni culturali in varie località italiane.
I suoi momenti più felici sono quelli che trascorre nel laboratorio, ubicato nell’ex perimetro delle vecchie mura del centro storico galatinese, tra Via Lucerna e Via Mezio. Qui, tra attrezzi vari, trespoli, tavolini, pani di creta, barattoli di colori, tele, fogli da disegno e blocchi di pietra leccese, ha il piacere di potersi concentrare e dare vita a nuove opere, che difficilmente appaiono ripetitive, tanta è la sua smania di voler sperimentare sempre nuove tecniche e forme espressive. Passa agevolmente dalla modellazione con la creta alla fotografia, dalla pittura alla grafica. Questa tendenza a ricercare nuovi linguaggi si associa ad un suo singolare eclettismo sul piano propriamente espressivo e stilistico. Non ha remore, infatti, a realizzare un bassorilievo d’impronta classicheggiante e subito dopo un pannello in acciaio con sovrapposte figure umane molto stilizzate oppure una scultura astratta in pietra leccese e poi, magari, l’indomani, andare a esplorare le campagne salentine per fotografare minuscoli frammenti di foglie secche o di superfici rocciose per ottenere immagini da combinare successivamente con effetti pittorici, in uno stile a metà strada tra naturalismo ed astrazione.
Animato e sostenuto da una sincera fede religiosa ama realizzare e donare opere di arte sacra di grandi dimensioni, quali, ad esempio, i due bassorilievi raffiguranti, uno, il “Cenacolo”, incastonato nella base dell’altare maggiore della nostra Chiesa Madre e, l’altro, offerto al Museo Diocesano di Otranto, illustrante l’eccidio nel 1480 degli ottocento martiri idruntini, lavoro molto apprezzato da Melanton in un articolo su “il galatino” e, ancora, le quattordici formelle della “Via Crucis” e l’altorilievo, con la “Risurrezione di Cristo”, donati il 22 giugno del 2014, in segno di affetto e stima verso il Parroco Don Fedele Lazari, in occasione della cerimonia per i sessanta anni di sacerdozio, alla Chiesetta dello Spirito Santo, annessa all’ex Convento dei Cappuccini di Galatina.
Ma la testimonianza più genuina e sentita della sua Fede è stata la grande mostra personale del mese di maggio del 2005, allestita nell’ex Convento dei Teatini a Lecce, sul tema “L’Arte abbraccia l’Uomo: cercando la Spiritualità di Don Tonino Bello”. In essa erano esposte numerose e appassionate interpretazioni scultoree degli ideali e delle lotte del coraggioso vescovo di Molfetta, apostolo della non-violenza, costruttore di pace e sempre fraternamente vicino agli emarginati e ai bisognosi.
Enzo non ha avuto modo di conoscere di persona quest’uomo straordinario, ma lo ha cominciato ad apprezzare sempre più, sino ad immedesimarsi totalmente, leggendo i suoi scritti, ascoltando i racconti dei testimoni e andando a visitare la tomba nel cimitero di Alessano, suo paese natio. Qui è attiva, tuttora, La Fondazione Don Tonino Bello, alla quale Enzo ha donato una scultura in pietra leccese dedicata al valoroso Vescovo. Un’altra sua donazione, ma di natura laica e culturale, destinata al nostro Museo civico, è stata quella di una composizione a tutto tondo di parallelepipedi in polistirolo, variamente incastrati e con le superfici esterne dipinte, su cui erano riportati alcuni versi di Bodini, intitolata “Tu non conosci il Sud”. Nella cerimonia della consegna dell’opera, il prof. Maurizio Nocera ha descritto il valore e il ruolo del poeta leccese nell’ambito della letteratura contemporanea e le possibili analogie con la ricerca visiva del donatore e di altri artisti salentini.
Negli anni successivi si sono rafforzati in lui il senso del sacro e il mistero della trascendenza, valori che lo spingeranno ad accentuare nella sua produzione artistica la dimensione spirituale. Proprio per questo nel 2015 è stato invitato ad esporre insieme al suo amico Pantaleo Musarò alla XXVIII Edizione della “Pro Arte Pro Deo”, celebre e ormai storica rassegna di arte sacra, presentata dapprima a Monteroni e poi a Lecce. Nel catalogo della mostra il critico d’arte Maria Agostinacchio ha definito le sue sculture dimostrazioni eloquenti di “spiritualità pietrificata”, non nel senso di “cristallizzata e statica” ma nel significato di “concretizzata, resa visibile e tangibile”.
Ma Enzo, nel corso della sua cinquantennale ricerca artistica, oltre al “sacro” ha esplorato altri ambiti, tra i quali, quello più attuale sotto l’aspetto umano, sociale e politico, inerente i rapporti tra Oriente e Occidente e quali vie trovare per la pace. Un’impellente domanda che si era posta il suo amico, Prof. Luigi Mangia, presidente dell’Associazione “Boy’s sport arte e cultura,” il quale con passione, lungimiranza e competenza ha promosso e guidato nel 2002 un convegno e una rassegna collettiva d’arte contemporanea di tredici artisti nel Museo di Galatina, affidandone l’organizzazione e il coordinamento ad Enzo. Anche i critici d’arte Andrea Cappello, Toti Carpentieri, Nicola Cesari, suo compagno di classe, Giuliana Coppola, Maria Greco e Luisa Maurelli hanno espresso giudizi lusinghieri sulla sua arte.
[in AA.VV., Vincenzo Congedo, Percorsi artistici]