Il libro è diviso in otto sezioni, ognuna dà una sfumatura narrativa particolare al gruppo di poesie che contiene: Altre esistenze, Testimonianza, Note a margine, Prima persona, Particolari in controsenso, Fine primo tempo, Levanto e altre città, Mezze verità. Non è uno schema rigido, non traccia un ordine da seguire, è solo una proposta di lettura per immagini. Testimonianza raccoglie storie che vengono da lontano, esotiche nel tempo e nello spazio. Qui si legge dei malati di febbre cronica del campo di concentramento di Treblinka, di un vecchio esquimese pronto alla fine, delle farfalle di montagna dalle ali cobalto, forse anime smarrite nel tragitto dalla terra al cielo. Prima persona ci regala qualche scorcio di vita personale, apprezzabili saltuariamente in tutto il libro. Le poesie dedicate ad Anna, tra le altre, sono così distintamente delicate, così gentili, che, chiunque sia questa donna, di frase in frase trapela tutta la profonda amorevolezza dell’autore nei suoi confronti. Un’agape che, pur senza essere svelata nella sua natura, senza etichetta coniugale, fraterna o che so io, racconta il legame di due che si conoscono a memoria, e che con la loro presenza migliorano reciprocamente la propria vita, e anche la morte. Anche l’ultimo momento non sarebbe estremamente turpe, con Anna accanto: ‹‹se la morte avesse il tuo viso / parte del problema sarebbe risolto. / Non tutto, certo. Ma che il respiro / si mozzi al tuo fianco, che si smorzi / la voce in un balbettato lamento / non spaventa più di tanto pensarlo. / Al tuo fianco››.
Prima persona annota il bisogno di un uomo senza Dio di chiedergli aiuto ugualmente, perché non sa a chi rivolgere le sue preghiere e alla fine certi pomeriggi va a sedersi sulle panche consacrate a chiedere scusa e a supplicare. Altre esistenze è la sezione di apertura, forse quella che meglio suggerisce la chiave di lettura di ogni pagina. Osservando le cose e le vite reali nel loro essere quotidiano, prima o poi capita di sorprenderle nel momento in cui svelano un senso ulteriore. Il mondo è in costante comunicazione con tutti i suoi elementi, in un sistema perfetto ma a noi per lo più sconosciuto. Se non ci perdiamo per un po’ a guardare le nuvole senza poi rivolere quel tempo indietro, ci perdiamo il richiamo naturale della verità. ‹‹La mente mente, non parla la parola / la verità la sanno il fiore / il sasso, il passero che vola›› (p. 43): ed è così, la verità la sanno più loro di noi uomini che presuntuosi e soli e incasellati come siamo nelle nostre logiche, non sappiamo più seguire quella naturale. Dall’oggetto tangibile, dall’animale, dalla mosca che sbatte contro il vetro per raggiungere quella promessa di cielo, dall’uccello liberato dalla gabbia al quale non basta essere uccello per saper volare, non possiamo che imparare. E quindi il poeta, detenuto nelle sue ‘prigioni’ interiori, cammina sull’asfalto milanese, finché lo sguardo non si sofferma sull’altro marciapiede: ‹‹sai, da quando sei andata via / ho avuto giorni come gabbie. / E questo era forse giusto, e lo era / pure il tuo andartene da un altro / più alla buona di me, che non lo sono affatto. / Però l’altro giorno camminavo a passo svelto / verso la stazione delle Nord e non volendo / mi è caduto l’occhio sull’altro marciapiede. / Il faggio sopravvissuto ai riassetti urbani / rigonfiava la radice e dritto la crepava tutta / quella scorza d’asfalto che gli avevano buttato addosso. // A vederlo lì che se ne stava teso / che cercava ancora spazio / non mi ha fatto per quel giorno più paura il tempo. / Se le gabbie si spezzano quando s’impara a stare fermi… / mi sono detto, rallentando il passo›› (p. 52).
[Recensione a Marco Balzano, Nature umane, Torino, Einaudi, 2022, pp. 112, €11.00; – ISBN 978-88-06-24704-1]