di Antonio Prete
È il primo verso di una poesia di René Char che appartiene alla sezione Les loyaux adversaires della raccolta poetica Fureur et mystère, pubblicata da Gallimard nel settembre 1948. Quando morì Char, nel 1988, da Radiotre mi chiesero un intervento commemorativo: nell’occasione feci ascoltare questa poesia detta dalla stessa voce del poeta, una voce ferma, calda, appena trattenuta al di qua della solennità. Era la prima di trenta poesie che l’anno prima, il 1987, in occasione dei suoi ottant’anni, il poeta di Isle-sur-Sorgue aveva registrato in una cassetta e regalato agli amici convenuti per il festeggiamento. In quell’occasione Edmond Jabès chiese al poeta una copia per me (all’epoca traducevo Char). Ecco, in traduzione italiana, il testo:
Ridate loro quel che in loro più non è presente.
Torneranno a vedere il grano della messe dormire nella spiga
e dondolare sull’erba.
Insegnate loro, dalla caduta alla ripresa del cammino,
i dodici mesi del volto.
Si affezioneranno al vuoto del cuore fino a quando
un nuovo desiderio insorga.
Poiché nulla fa naufragio, nulla è attirato dalle ceneri.
E colui che sa vedere la terra svolgersi verso il frutto,
per nulla è turbato dallo scacco quand’anche tutto davvero
abbia perduto.