di Antonio Errico
Due notizie arrivano quasi contemporaneamente. Una è quella della scomparsa di Milan Kundera, di cui quantomeno si devono ricordare Lo scherzo, Il valzer degli addii, L’insostenibile leggerezza dell’essere, romanzo dal successo planetario. L’altra è quella del rogo che ha distrutto la “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto, a Napoli. Due notizie e un’associazione di pensiero, un ricordo: questo: in una pagina del “Libro del riso e dell’oblio”, Milan Kundera scrive che la bellezza è scomparsa ormai da tempo. E’ scomparsa sotto la superficie del rumore delle parole, delle automobili, della musica in cui viviamo costantemente. E’ scomparsa travolta dall’indifferenza, dall’inconsapevolezza. E’ sprofondata come Atlantide. Ne è rimasta solo la parola, il cui senso è sempre meno comprensibile.
Però, forse non è vero che non ci sia più bellezza. Forse è vero che le onde gigantesche della superficialità e dell’apparenza hanno sommerso la bellezza autentica. La bellezza sta sotto la superficie, dietro quello che appare, oltre l’esteriore che si mostra a noi, sfacciatamente, a volte. E’ una condizione che appartiene al passato e che non sappiamo più riconoscere, non sappiamo più cercare. Ci lasciamo affatturare dalle icone che rappresentano una bellezza falsa e volgare, effimera, patetica, stupida, ridicola, insensata. Forse la condizione più grave – o più umiliante – è proprio l’insensatezza di una bellezza priva di ogni fascino, di passione, di emozione. Una bellezza senza attrazione, senza seduzione, senza erotismo, perché ignora il confronto con il tempo, non ingaggia duelli all’arma bianca con gli anni, con i giorni, con gli istanti.