Semine. Laboratorio di scrittura, a cura di Simone Giorgino 5. Annie Ernaux, L’altra figlia

            L’altra figlia è una lettera angosciante e rivelatrice che mette in luce un’esistenza sofferta. La nuova scoperta sembra un pretesto per raccontare di una famiglia in cui vige il non-detto, in cui il silenzio mantiene saldo l’equilibrio delle cose. Ginette, questa sorella quasi sconosciuta, è rivestita di un’aura sacrale, è invisibile ma resta la prescelta e tanti sono i tentativi di «resurrezione» operati dai  genitori, attraverso il racconto di lei. La sua descrizione si delinea con una fotografia, che avvia le parole dell’autrice, ma rimane vacillante per tutto il racconto: la sua fisicità non è mai chiara, mai ben esplicitata.

            Annie Ernaux instaura con «l’altra figlia» un rapporto contrastante: si sente il suo contrario, lo scarto rimasto in vita. Vive nella paura di ammalarsi, di essere indisponente, un peso per chi si è accontentato della sua presenza. Non arriverà mai a riconoscere questa persona come sua sorella: «Ma tu non sei mia sorella, non lo sei mai stata» (p. 12).

            Eppure, sembra essere la madre, definita con un “lei” distaccato e quasi sprezzante, il vero centro propulsore del racconto. «Scriverti significa parlarti di lei in continuazione, lei, la padrona del racconto, colei che aveva proferito il giudizio e con la quale il combattimento non è mai terminato, se non alla fine […]» (p. 41). La figura materna è un medium fondamentale, l’iniziatrice di questo tormento, colei che, per tutta la sua vita, porterà avanti un contrasto silenzioso con la figlia sopravvissuta.

            Alternando parole e fotografia, Ernaux si lascia andare a uno sfogo cinico e vero, con una scrittura autobiografica che lascia trasparire i suoi tormenti infantili e la sua ricerca di riconoscimento in una famiglia in cui sembra lei la vera deceduta.

[Annie Ernaux, L’altra figlia, Roma, L’Orma,2016, pp. 81, euro 10.00 – ISBN 9788898038978]

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