di Francesco D’Andria
Signor Sindaco, signore e signori della Giunta e del Consiglio Comunale, magnifico Rettore, Soprintendente, amiche e amici,
ho amato Lecce anche prima di conoscerla: da bambino, nel presepe di casa, a Taranto ero affascinato dai pupi che il nonno aveva portato dalla città salentina. La loro grazia, nei dettagli e nei gesti, mi faceva pensare ad un luogo in cui la Bellezza si manifestava a partire dalle piccole cose.
Poi, negli anni sessanta all’Università Cattolica di Milano, il mio professore Michelangelo Cagiano De Azevedo commentava i successi della giovane Università di Lecce, sotto la guida del suo amico Giuseppe Codacci Pisanelli. Forse il mio Maestro aveva immaginato che il suo allievo pugliese avrebbe potuto in futuro lavorare nella sua terra. E finalmente questo si avverava quasi per caso, dopo aver partecipato, senza grandi speranze, ad un concorso di assistente alla cattedra di Archeologia nell’Ateneo salentino.