Manco p’ a capa 154. La pesca industriale e la distruzione del capitale naturale

di Ferdinando Boero

Al Parlamento Europeo l’Italia si oppone alla Legge per il Restauro della Natura e ai limiti della pesca a strascico: difendiamo le categorie che sfruttano la natura in modo molto efficiente, alterandola al punto di rendere necessario un restauro dei danni ad essa procurati. Al restauro fa seguito la protezione: inutile restaurare se si ricomincia a distruggere, usiamo la natura in modo sostenibile come chiedono l’European Green Deal, e il Next Generation EU. Gli operatori economici si oppongono ma sanno benissimo che il prelievo industriale distrugge il capitale naturale dal quale dipendono le loro attività: prima o poi le risorse finiranno, erose dal prelievo, e, con esse, finirà anche chi ne ricava da vivere. Gli stati già sovvenzionano queste attività con sussidi che coprono parte delle spese. Senza i sussidi, per esempio, la pesca non sarebbe redditizia economicamente. I sussidi, quindi, finanziano la distruzione del capitale naturale, distruggendo il futuro dei pescatori (https://www.pesceinrete.com/omc-il-consiglio-approva-un-accordo-sui-sussidi-alla-pesca/). Senza sussidi la pesca distruttiva finirebbe per mancanza di redditività, come dovrebbe esser giusto in un regime di libero mercato. Hai distrutto la risorsa che ti tiene in vita? Te la sei cercata: muori! Selezione naturale. Non esageriamo, quella va bene con i poveri. Il nostro paese è contro il libero mercato: no a liberalizzare le concessioni balneari, no a scoraggiare le tecniche distruttive di prelievo, no all’evoluzione del settore auto verso tecnologie meno inquinanti, no all’adeguamento del catasto. Ideologismi del no a tutto: finché possiamo, approfittiamone.

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