di Antonio Devicienti
Medito sulle ricerche di Virgilio Sieni e colgo anche nella scrittura la presenza del gesto che rende visibile uno spazio, ritma un tempo.
Non intendo il gesto di guidare la penna sul foglio o le dita sulla tastiera (esso pure sempre significativo), ma quel gesto che, porgendo la parola, avviando il fraseggio, si esplicita nell’ architettura impalpabile eppure determinante del testo.
E fantastico di un testo-gesto che nasca e scompaia nel momento stesso dell’improvvisazione, ripercuotendosi come traccia che appena righi il vetro trasparente della mente; osservo le foto di scena dove Sieni, Cuticchio e il pupo descrivono gesti come scrittura, effimeri ma duraturi nella memoria retinica di chi guarda.
«Le reflet des lampes sur la vitre. Poèmes, comme un reflet qui ne s’éteindrait pas fatalement avec nous» – Philippe Jaccottet, Ce peu de bruits (Éditions Gallimard, Paris 2008)
«[…] la trasparenza è la sostanza che si definisce per il suo poter essere vista e quel medio in cui le forme si costituiscono come pura visibilità […] è quel qualcosa (aliquid) che permette ai corpi di divenire visibili – ai colori di costituirsi fuori dai corpi – e alla vista di ricevere la visibilità» – Emanuele Coccia, La trasparenza delle immagini. Averroè e l’averroismo (Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano, 2005, p. 113).
La trasparenza accoglie i gesti, li rende visibili nel loro porgere sé stessi.
Guidato dai fili esterni il corpo di legno del pupo possiede la nudità del movimento; guidato dai fili interni dei tendini il corpo di muscoli e ossa obbedisce alla mente: entrambi i corpi a tracciare scritture che nello spazio appaiono e scompaiono, traiettorie di linguaggi senza parole.