di Antonio Errico
E’ una di quelle storie della vita che non si dimenticano mai. A volte ritorna nei sogni, anche a distanza di anni, di molti. A volte è soltanto un racconto che si fa a chi quella storia deve ancora attraversarla. A volte è un ricordo che sopraggiunge senza che ci sia un nesso apparente, un’apparente ragione. Forse è il ricordo di come si è stati, e forse la ragione è costituita dal fatto che il modo in cui si è proviene da quel modo in cui si è stati. Cambiano i tempi e le generazioni, però le ansie sono sempre quelle, restano gli stessi batticuori, i sudori caldi che si mescolano coi freddi. E’ una di quelle storie della vita che non si dimenticano mai. Da qualche giorno è cominciato quell’esame di Stato che non si chiama più di maturità, essendo la maturità tutta un’altra cosa, che richiede esami assai diversi. L’esame di maturità si sostiene nei confronti della vita, che qualcuno supera al primo vagito, altri a dieci anni, a trenta, oppure di più. Dipende dal caso, dalle occasioni, dal modo in cui si incrociano i destini. Ma tutti continuano a chiamarlo esame di maturità: allora lo chiamiamo così anche noi. Perché è comunque un passaggio di stagione, un transito da una condizione ad un’altra, il tramonto di un’adolescenza appena appena prolungata. Si va – si comincia ad andare – verso orizzonti professionali, sia che si intraprendano percorsi universitari, sia che si scelgano immediatamente contesti di lavoro. Si cresce nel tempo di un’estate.