Se Atene piange, Sparta non ride

Se per alcuni artisti uno dei fattori inflazionistici più evidenti è quello delle numerose contraffazioni in circolazione sul mercato, per altri autori invece potremmo affermare il problema sia in vasta misura riconducibile a dinamiche mercantili non sempre fatte alla luce del sole: un collezionismo che predilige gli scambi non ufficiali, in un mercato cosiddetto indiretto, ovvero tra due collezionisti privati e senza la tracciabilità dello scambio. Non trascurabile anche il fattore reddito disponibile, certamente inferiore alla media europea, e di riflesso la propensione alla spesa del collezionista medio italiano; non ultima la tendenza del mercato mondiale, interessato in larga parte agli scambi di opere d’arte contemporanea, mercato anche questo sempre più inquinato dai falsi.

Con simili presupposti, il convegno-dibattito di Rovereto del 23 febbraio scorso, presso la Sala degli Specchi di Casa Rosmini, ha indagato «La situazione dell’arte in Trentino» uscendo dai vincoli regionalistici e traendo spunto d’indagine dagli «aspetti culturali ed economici» più tipici del sistema arte: ammesso ma non concesso che in arte si possa fare una netta distinzione tra questi due ambiti, adatti soprattutto a confondere le carte sul tavolo e l’esito dei giochi anche agli occhi dei collezionisti e degli studiosi più avveduti.

Artista e collezionista, critica e mercato degli scambi sono dunque governati da dinamiche più complesse di quanto si possa immaginare; legati fra loro da un rapporto di “causa effetto” il cui vero centro d’interesse non è l’artista ma il collezionista. È solo grazie a quest’ultimo che l’opera d’arte prende consistenza: è il «rapporto di committenza» a scatenare, in molti casi, l’impulso creativo e di riflesso i diversi profili del collezionista.

I comportamenti – o vizi – più tipici del collezionista sembrerebbero essere del genere compulsivo e probabilmente riconducibili al «sentimento del possesso», in alcuni casi al limite del «disturbo da accumulo»[1]; il collezionista sarebbe afflitto da una sorta di dipendenza da consumo di beni durevoli (sindrome dell’investitore) ma anche di immagini (sindrome del voyeur), di cui ama circondarsi e custodisce spesso in segreto (vedi La migliore offerta, film del 2013 diretto da Giuseppe Tornatore).

Inoltre il suo comportamento uscirebbe dagli schemi delle leggi economiche che governano la domanda di beni di consumo, non è subordinato alla «legge dell’utilità marginale decrescente»[2], ma al contrario, ad ogni unità aggiuntiva del bene consumato, la propensione al consumo si manterrebbe costante. Una veloce panoramica sul profilo del collezionista ci restituisce un universo variegato:

1.Il Collezionista che si identifica con l’artista, gioisce della sua affermazione, divenendone il principale promotore;

2.Il Collezionista che nel suo percorso evolutivo raggiunge lo status di gallerista, in certi casi di studioso;

3.Il Collezionista che frequenta abitualmente le aste, il suo piacere è veder crescere il valore delle opere dell’autore prediletto;

4.Il Collezionista che tratta le opere d’arte come fossero “azioni” in borsa, diversificando l’investimento e sfruttando per esempio il fenomeno già citato del regionalismo: crea utile da una sorta di effetto “cambio valuta” – compra un artista in un luogo dove vale 10 per rivenderlo in un altro in cui il mercato è disposto a pagarne 100.

Ecco dunque una delle cause fondamentali degli attuali valori al ribasso di numerosi autori, tanto italiani quanto trentini. Come fa notare Michele Uber, in Trentino, così come in molte realtà regionali italiane, il «mercato indiretto» – ossia lo scambio tra collezionisti privati senza l’ausilio di intermediari – sembra essere il canale privilegiato rispetto agli altri tre (mercato diretto, mediato e delle aste), con tutti i vuoti che ogni genere di mercato sommerso genera, su tutti il mancato aggiornamento dei valori reali delle opere d’arte (prezzi di mercato):

«Parlare di mercato in riferimento a una piazza che ha sempre preferito la vendita e lo scambio fra privati può sembrare forse eccessivo […] la presenza e l’offerta di opere messe all’incanto dalle poche case d’asta presenti sul territorio regionale non ha conosciuto sostanziali variazioni. Le cifre proposte come base d’asta hanno subito significative riduzioni, lasciando in alcune occasioni sul campo inaspettati invenduti»[3].

Ma se il Sud piange, il Nord non ride. Se nei due decenni a cavallo del millennio (1990-2010) il valore degli autori meridiani più importanti dell’Ottocento, fondamentali per la valorizzazione culturale di ogni grande collezione italiana del secolo ventesimo, si è comportato come quello dei “titoli spazzatura”, meglio non è stato per autori trentini come Eugenio Prati (Caldonazzo, 1842-1907), Alcide Davide Campestrini (Trento, 1863 – Milano, 1940), Luigi Bonazza (Arco, 1877 – Trento, 1965), Umberto Moggioli (Trento, 1886 – Roma, 1919), Attilio Lasta (Villa Lagarina, Trento, 1886 – 1975), Benvenuto Maria Disertori (Trento, 1887 – Milano, 1969), Tullio Garbari (Pergine V., 1892 – Parigi, 1931) e molti altri ancora. Rara eccezione Giovanni Segantini (Arco, TN, 1858 – Pontresina, Svizzera, 1899), che nel ricco panorama artistico tridentino brilla tanto per fortuna critica quanto per valore commerciale di dipinti e disegni.

Ma la sfera finanziaria nel mondo dell’arte, come già preannunciato da Francesco Poli nel 1975, è sempre più la componente predominante a tutti i livelli, sia sul versante economico sia su quello della critica: «si assiste, quindi, a un dominio sempre crescente, di pochi centri propulsori – grandi aziende, gallerie o cartelli di gallerie […] sono vere e proprie potenze economiche e “politiche”, sostenute, a monte, dal capitale industriale e finanziario. Stipendiano i maggiori critici, controllano le riviste più influenti, strumentalizzano le strutture dei musei (pubblici e privati), e condizionano pesantemente le grandi manifestazioni espositive»[4].

Del resto, come emerge dall’Art Finance report 2020 di Deloitte, nel quale sono stati coinvolti «private banker, […], operatori del mercato dell’arte e importanti collezionisti a livello globale, il fattore finanziario sta diventando sempre più importante per chi sceglie di investire in arte, con l’obiettivo di diversificare il proprio portafoglio o come riserva di valore. Quasi sette su dieci dei collezionisti confermano questo approccio»[5].

Se poi si considerano i “realizzi”[6] i dati sono chiari, la «top five» delle aggiudicazioni nel 2019 ha dato importanti conferme: in primo piano emerge il duopolio ormai indiscusso, a livello di aste internazionali, di Christie’s e di Sotheby’s; poi, per quanto riguarda i principali record di aggiudicazione, spicca l’assoluto predominio della piazza di New York. L’anno successivo, il 2020, si assiste poi a due novità: in primo luogo l’ingresso dell’americana Phillips tra le maggiori case d’asta mondiali, dunque l’affermazione della piazza di Hong Kong come principale mercato dell’intera area asiatica[7].

Il mercato delle opere d’arte è dunque gestito da pochi attori, si passa dal duopolio di Christie’s e di Sotheby’s, all’oligopolio con l’americana Phillips. Un mercato che negli ultimi cinquant’anni non ha subito grandi cambiamenti, «si passa dal monopolio all’oligopolio. Quest’ultimo è quasi inevitabile»[8], e, a parere di Poli, quando si considerano artisti all’apice del successo, «non esiste un antagonismo […] tra gli oligopolisti […] che si mettono d’accordo espressamente su un prezzo comune, destinato ad assicurare il massimo dei profitti»[9]: la formazione di cartelli e la vischiosità dei prezzi sono i tratti (o difetti) più tipici proprio dei mercati in oligopolio.

Recentemente, per quanto riguarda il volume d’affari generato, Banca Intesa Sanpaolo ha stilato un report in cui emerge «che il mercato mondiale del settore ha raggiunto nel 2019 un valore di circa 52 miliardi di euro. A trainare il comparto sono gli Stati Uniti, che assorbono il 40% degli scambi. In seconda posizione si colloca la Gran Bretagna, con l’Italia che vale intorno all’1%»[10]. Il dato è simile a quello di sei anni prima, in cui il mercato italiano delle arti, secondo gli allora recenti dati Nomisma (2013), ammontava a 1,5 miliardi di euro, pari cioè all’1% del mercato mondiale. Ma il dato non deve trarre in inganno, le cifre non sono confortanti, in termini relativi, rispetto agli anni ’90 del secolo scorso, si registra un netto calo degli scambi nel mercato interno, nel 1997 infatti il dato era dell’1,8%[11].

Ancora una volta l’Italia è fanalino di coda, a soffrire sono soprattutto le quotazioni di mercato di importanti autori, il cui debito non è tanto stilistico quanto soprattutto di non poter contare su una platea di collezionisti in grado, a suon di rilanci, di far crescere il valore economico e quello culturale delle opere d’arte; l’incapacità tutta nostrana di innescare l’interesse del collezionismo più facoltoso, riattivando i benefìci generati da «quell’oscura smania che spinge tanto a mettere insieme una collezione quanto a tenere un diario, cioè il bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie d’oggetti salvati dalla dispersione, o in una serie di righe scritte, cristallizzate fuori dal flusso continuo dei pensieri»[12].

In fin dei conti un collezionismo che sembrerebbe legato alla concretezza del proverbio «meglio un uovo oggi che la gallina domani»; un collezionismo miope o forse viziato da quell’innata incapacità di valorizzare il patrimonio artistico nazionale, che ci impedisce di tornare alla grande stagione del collezionismo italiano.

[Estratto dalla conferenza «La situazione dell’arte in trentino. Aspetti culturali ed economici – Storia e attualità del mercato dell’arte: elementi d’indagine tra Local e Global», Casa Rosmini – Sala Degli Specchi – Rovereto (TN) 23 febbraio 2023 – h.17.30-20.00; poi in https://inmostrablog.com/2023/06/20/se-atene-piange-sparta-non-ride/ del 20 giugno 2023]



[1] Cfr. Disposofobia, accumulo patologico seriale, accaparramento compulsivo o sillogomania;

[2] Cfr. Edwin Mansfield, Microeconomia, Edizioni Il Mulino, Bologna, 1988;

[3] Michele Uber, Artisti trentini: fluttuazioni e dinamiche digitali nel mercato contemporaneo dell’arte, Studi Trentini d’Arte, n.1, 2014;

[4] Francesco Poli, Produzione artistica e mercato, G. Einaudi editore, Torino, 1975;

[5] Sibilla Di Palma, Quadri e sculture, come diversificare il portafoglio con l’arte, www.focusrisparmio.com, del 18 gennaio 2021, consultato il 27/01/2023 15.36;

[6] Si tratta del ricavo che si ottiene da una vendita, così sono definiti i valori stabiliti – realizzati per l’appunto – dalle gare d’asta;

[7] Cfr. AA.VV., Il mercato dell’arte e dei beni da collezione – Speciale “Lo stato dell’arte ai tempi del Covid-19”, Report 2021, © Deloitte Italy S.p.A., 2021;

[8] Francesco Poli, Op. cit.;

[9] Ibid.;

[10] Sibilla Di Palma, Quadri e sculture, come diversificare il portafoglio con l’arte, www.focusrisparmio.com, del 18 gennaio 2021, consultato il 27/01/2023 15h.36’;

[11] Felice Meoli, L’importanza del dividendo estetico, TopLegal Review, Rapporto Speciale Sistema Arte, Dicembre 2015;

[12] Italo Calvino, Collezione di sabbia, Saggi blu, Garzanti, Milano, 1984.

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