di Antonio Devicienti
«We who draw do so not only to make something visible to others, but also to accompany something invisible to its incalculable destination».
Sono parole che ricorrono di frequente in Bento’s Sketchbook di John Berger e che provo a variare anche nel modo seguente: noi che scriviamo lo facciamo non solo per rendere udibile un qualcosa agli altri, ma anche per accompagnare un qualcosa d’inudibile verso la sua imprevedibile meta – benché si possa vedere anche tramite la scrittura e rendere visibile un qualcosa attraverso di essa. (Pur rimanendo tuttavia valida la distinzione netta che John Berger fa in altro luogo del libro tra disegno e scrittura, per certi versi affini, per molti altri differenti tra di loro).
In ogni caso sia disegnando che scrivendo mettiamo in moto una sorta di campo di forze, invisibili, le quali, convergendo o divergendo, accendono moti ulteriori, alcuni dei quali imprevedibili o imprevisti.
È un fluire che si slancia verso il futuro, che, materiato di passato e di presente, si rivolge in avanti e in tal modo si rende contemporaneo non solo del proprio presente, ma anche del proprio passato sia individuale che collettivo.
To accompany something invisible to its incalculable destination è un atto di fiducia nel pensiero e una riaffermazione di speranza, una sorta di passo di danza che libera dalla bassezza banausica in cui siamo invischiati.