I misteri di Oppido Tralignano di Paolo Vincenti. Note di lettura

di Paola Bray 

Copertina con immagini da incubo, titolo inquietante assalgono il lettore dell’ultima opera di Paolo Vincenti. Quali misteri si celano dietro quei riquadri che propongono figure da fumetti horror? Il nome del paese in cui si svolge l’azione è suggestivo: accanto a un nome, Oppido, che rievoca la classicità romana, c’è una parola, Tralignano, che ricorda, soprattutto se si legge sdrucciola, un verbo squisitamente dantesco. Altrettanto sconcertante, in epigrafe del primo capitolo la citazione di alcuni versi di una canzone di Faletti. Gli ingredienti di una creazione capace di sollecitare e solleticare la curiosità del lettore ci sono tutti e, entrando in medias res, ci immergiamo nel bizzarro mondo del Caffè Barbarino dove si incontrano gli stravaganti abitanti di un luogo immaginario, ma non troppo, mentre “la città si collassa nel caldo dell’afa di luglio, fra bestemmie e avemarie, nel diapason del meriggio”. È l’inizio di un romanzo strutturato in una sorta di RingKomposition, in cui nel solito Caffè Barbarino che sta “tra una torre merlata e il lungo portico del centro”, si conclude questa breve ma densa opera di Paolo. “Naturalmente in paese ci si sbizzarrisce a formulare le più stravaganti teorie” sui torbidi delitti che attirano tanti turisti dell’orrore. Colpisce innanzitutto la cura delle parole con cui l’autore descrive magistralmente luoghi, personaggi, situazioni. 

Un vero giocoliere della lingua che impone al lettore un’attenzione continua, frequenti pause, qualche ricerca. Si tratta di una prosa pirotecnica, rutilante che si oppone decisamente alla piatta e opaca lingua di plastica ormai imperante in ogni ambito. La discussione aperta nell’aula consiliare dal sindaco alla presenza della turba forensis sul nuovo corso di formazione professionale sull’intreccio di panieri per fichi assume toni esilaranti che riecheggiano momenti spietatamente ironici di certe pagine di Petronio. 

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