di Antonio Lucio Giannone
3. Con la terza lettera ci spostiamo più avanti nel tempo, esattamente al gennaio del 1961. Nel frattempo era uscito il terzo libro montaliano, La bufera e altro (1956), mentre Pagano, come s’è detto, era diventato redattore della sezione letteraria della rivista “Il Critone”, a cui invano aveva invitato ripetutamente a collaborare Montale che in quegli anni, peraltro, come sappiamo, dopo appunto La bufera, non pubblicò più versi nuovi fino al 1966 allorché cominciarono ad uscire i primi Xenia. Echi di questi tentativi restano nel carteggio citato con Macrì. Ad esempio, in una lunga composizione in strofe di agili settenari, inviata come lettera al critico il 5 febbraio 1957, con evidenti allusioni alle prime tre raccolte montaliane, così scriveva:
Non cura Eusebio invece
la mia insistente prece.
E, duro, come un osso,
si tace a più non posso,
tralascia ogni occasione
d’onorare il “Critone”,
e un raggio non si spera
da questa sua bufera.
Oh vedi tu, perdinci,
se un poco lo convinci![1]
Anche per questo Montale all’inizio scrive: «Caro Pagano, non mi sono mai dimenticato di avere in Lei un amico fedele e indulgente. Ma non sono maestro né merito culti», a dimostrazione della continuità del rapporto epistolare tra i due e della venerazione che Pagano continuava a nutrire per Montale, a cui egli mandava puntualmente “Il Critone”, come questi scrive dando anche qui ulteriori, preziose informazioni sul suo lavoro e sui programmi editoriali: