Racconti sovietici 5. Vipera (4-5)

di Aleksej Nikolaevič Tolstoj

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Come un passero che sta volando nel ventoso cielo impazzito e all’improvviso casca con le ali spezzate e rotola per terra, così la vita di Olga Vjačeslavovna, il suo passionale, innocente amore tutto d’un tratto fu spezzato e si ruppe e cominciarono a trascinarsi giorni pesanti, incerti e a lei inutili. Per molto tempo dovette stare in un lettino di vari ospedali da campo, veniva sgombrata con gli altri feriti nelle retrovie dentro i fatiscenti carri ferroviari, moriva per la fame ed il freddo sotto un logoro pastrano. La gente attorno era estranea, ostile, per tutti lei era soltanto un numero della tabella dell’ospedale militare, nessuna persona cara aveva al mondo. La vita stessa divenne opprimente e disgustosa, ma neppure questa volta la morte se la prese.

Quando fu dimessa dall’ospedale, rapata a zero, magra al punto che il pastrano e gli stivali le cascavano di dosso come da uno scheletro, andò nella stazione ferroviaria, dove abitava e crepava di freddo sui pavimenti nelle sale d’attesa una marea di gente priva di connotati umani. Dove si poteva andare? Il mondo intero era come un campo deserto. Tornò in città, andò in un punto di raduno del comando militare, fece vedere i suoi documenti e la spilla-freccia d’onorificenza, e da lì a poco con un convoglio partì per la Siberia, a combattere.

Il battito delle rotaie, il calore ferreo di una stufetta avvolta da fumi grigi, le migliaia e migliaia di verste, le canzoni lunghe come la strada stessa, il fetore e la neve imbrattata delle caserme, le lettere urlanti dei manifesti militari e, il diavolo solo sa, di quali altre affissioni e notificazioni; i brandelli di cartaccia fruscianti nel gelo invernale, i comizi cupi tra le pareti di tronchi d’albero nella penombra di un lume fumante; e poi, nuovamente, le nevi, le conifere, le fumate dei falò, il suono famigliare del flagello delle battaglie, un gran freddo, i villaggi arsi dal fuoco, le macchie del sangue sulla neve, le migliaia e migliaia di cadaveri come i ceppi di legno sparsi dappertutto e ricoperti dalle folate di neve… Tutto questo si aggrovigliava nei suoi ricordi, si fondeva in un lungo rotolo delle disastrose calamità infinite.

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