L’alluvione in Romagna è uno scempio ben più grave di un po’ di polvere di carbone in una fontana. Ma nessuno si sogna di chiamare ecoterroristi i responsabili di una gestione irresponsabile del patrimonio naturale. Gli amministratori promettono di ricostruire tutto “come prima”. Gli errori non si riconoscono e ci si propone di perseverare. Alcuni politici arrivano a dire che la colpa è degli ambientalisti. Da una parte ci sono le celebrazioni, dall’altra i fatti: i 209 miliardi del pnrr sono stati assegnati in gran parte per la transizione ecologica, ma già cominciamo a dire che le opere sono irrealizzabili. Prima, però, abbiamo proposto di fare stadi, con quei soldi. Da decenni ci prendiamo in giro con il Ponte di Messina, costato miliardi solo di progetti.
Da sempre denuncio la mancanza di natura nei nostri sistemi di formazione, come causa prima di una popolazione analfabeta in campo ambientale. Se si chiedesse agli studenti di produrre elaborati sulla biodiversità, per spiegarne l’importanza, di che parlerebbero? Alcuni potrebbero saperne molto, per curiosità personali, o per interventi di docenti lungimiranti, ma quanto tempo viene dedicato a questo argomento nei programmi “normali”? Quanti saprebbero spiegare che gli animali più importanti del pianeta sono i copepodi? E quanti saprebbero argomentare che le piante più importanti sono le diatomee? Chi sa che gli organismi più importanti del pianeta sono i batteri? Che più del 90% dello spazio abitato dalla vita è oceano? E che gran parte di quello spazio è al buio? Come può esserci biodiversità in un ambiente dove non c’è luce per la fotosintesi? Le risposte a queste domande spiegano “come funziona il mondo”, e se lo si ignora, e si hanno a disposizione potentissime tecnologie, si rovina il mondo. Come si fa a celebrare e a gestire quel che si ignora?
La parola biodiversità è familiare, ma non sono in molti a sapere che le specie che la compongono sono 8-10 milioni, secondo le stime dei ricercatori, ma che ne conosciamo a malapena due milioni. Ci impegniamo moltissimo per esplorare lo spazio, ma non facciamo altrettanto per esplorare la biodiversità, che pur celebriamo e di cui riconosciamo, a parole, l’importanza vitale per la nostra stessa sopravvivenza.
Molti giovani lo hanno capito, come riconosce Sergio Mattarella. Mi identifico pienamente in loro perché, quando avevo la loro età, durante le contestazioni di fine anni Sessanta inizio anni Settanta, mi resi conto che nessuno si interessava di ambiente, a parte le associazioni ambientaliste, romanticamente sensibili, allora come oggi, a delfini, tartarughe, tigri, upupe, panda e altre specie carismatiche. La contestazione riguardava altro. Andammo a spalare fango e ci chiamarono angeli del fango anche allora, a Firenze, a Genova e in tutte le altre occasioni. Ma non capivamo bene il motivo di quel fango. Abbandonai la contestazione e mi misi a studiare la biodiversità marina e il funzionamento degli ecosistemi, per poi dedicarmi alla ricerca sulla biodiversità animale (la zoologia) e il funzionamento degli ecosistemi (l’ecologia). A differenza dei giovani di ieri, i giovani di oggi contestano l’assenza di ambiente nelle nostre politiche, e non si accontentano di bei discorsi. Darwin mostrò che i lombrichi, con le loro gallerie, permettono la penetrazione dell’acqua nel terreno e che, con le loro modalità di alimentazione, lo rendono più fertile. Quanti lombrichi sopravvivono all’agricoltura intensiva fondata sulla chimica? Quanti capirebbero slogan come: salviamo i lombrichi? Non aspettiamo l’anno prossimo per fare la cerimonia con le fontane. L’8 giugno è la giornata degli oceani. Coloriamole di blu, con tutti i permessi.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 22 maggio 2023]