di Ferdinando Boero
I ricci di mare non sono patrimonio gastronomico di tutte le regioni italiane. In Liguria, per esempio, nessuno li prende. In Puglia, invece, sono una prelibatezza: tutti li vogliono. Il prelievo intensissimo sta depauperando le popolazioni e, quindi, si ferma la pesca. La specie non corre grandi rischi a causa del prelievo, mentre è a rischio la risorsa. Prima di spiegare perché è bene chiarire alcune cose. In Salento si parla di rizzu e rizzara. Grammaticalmente, rizzu dovrebbe essere il maschio e, quindi, la femmina è la rizzara. Poi si chiede: ma quale è commestibile? E la risposta è lu rizzu. Il maschio. E cosa si mangia del riccio? Risposta: le uova. Le uova del maschio? Ah, già. E poi i ricci fanno il latte, giusto? Eh certo, alcuni li apri e dentro c’è il latte. Già, i ricci sono come i mammiferi, vero? Le certezze iniziano a vacillare. Da zoologo mi diverto a spiegare che lu rizzu è una specie, si chiama Paracentrotus lividus, mentre la rizzara è un’altra specie, addirittura di un genere differente. Si chiama Arbacia lixula. Non sono il maschio e la femmina della stessa specie. Già, a spiegare questo vengo guardato con diffidenza. Noi non mangiamo le uova, mangiamo le gonadi dei ricci. Le gonadi sono le ghiandole sessuali e producono uova, negli esemplari femminili, e spermi in quelli maschili. Mangiamo sia i maschi sia le femmine di Paracentrotus lividus, e mangiamo le loro gonadi (ovari e testicoli). Quel liquido bianco non è latte, è sperma. Il cosiddetto riccio maschio ha gonadi grandi, ed è quindi di buon valore alimentare, mentre il cosiddetto riccio femmina, Arbacia lixula, ha gonadi meno sviluppate e quindi, quando lo apriamo, risulta “vuoto”. Le due specie vivono spesso mescolate ma non è difficile distinguerle. Paracentrotus è violaceo e ha aculei tozzi, mentre Arbacia è nera e ha aculei aguzzi. L’apparato boccale sembra un becco e raschia tutto quello che cresce sugli scogli.