di Giuseppe Virgilio
1. Borghesia nuova
Nella seconda metà del secolo XIX la borghesia agraria di nuova formazione ha posto le condizioni per il tramonto dell’aristocrazia, liquidando la proprietà terriera parassitaria. La nuova classe dirigente in fieri non è stata idonea a collegare la prospettiva di progresso ad un’azione capace di dare a se stessa unità e coscienza degli interessi generali della città.
A Galatina inoltre non è mancata una frangia di classe borghese originata dai beni della manomorta.
La manomorta è un diritto di cui hanno goduto Stato, Comuni, Chiesa ed Opere pie. In virtù di esso i contadini sono stati privati del diritto di disporre dei loro beni per testamento e sono stati obbligati a lasciarli agli enti stessi. La rendita di questi beni è andata per più di due terzi al clero secolare, alle Opere pie, alle Corporazioni religiose ed alla cassa ecclesiastica, ed il rimanente al demanio nazionale ed ai Comuni. Premuto da urgente necessità, lo Stato italiano è stato costretto nel breve giro degli anni che vanno dal 1868 al 1880 a gettare sul mercato ed a commercializzare a prezzi molto bassi un’ingente massa di terre, tanto che nel 1906 può considerarsi terminata la liquidazione dei beni dell’asse ecclesiastico in tutto il Regno per un totale di 176.953 lotti ed un prezzo complessivo di 628 milioni di lire (47% del totale) è stato pagato dal Mezzogiorno.