Racconti sovietici 4. Cartella clinica

di Michail Michajlovič Zoščenko


Vincent van Gogh: Corsia dell’ospedale di Arles, 74 x 92 cm.
Collezione Oskar Reinhart Am Römerholz, Winterthur, Svizzera.

Francamente, preferisco essere malato a casa.

Certo, all’ospedale, forse, è molto più tranquillo, luminoso e, sul livello di servizio, nulla da recriminare, a dir in una parola: cultura. Perfino l’apporto calorico del cibo, lì, forse, è molto più bilanciato; ma, come si dice dalle parti nostre: a casa propria anche la paglia è calda.

All’ospedale mi ricoverarono con tifo enterico. Con questo i familiari credettero di alleviare le mie incredibili sofferenze.

E’ solo che non raggiunsero il loro scopo, in quanto mi capitò, evidentemente, un ospedale particolare, dove non tutto mi piacque.

Figuratevi, arriva un malato, lo registrano in un librone, e all’improvviso lui alza gli occhi e legge sul muro un manifesto: «Consegna salme dalle 15 alle 16».

Non so agli altri malati, ma a me tremarono le gambe e persino oscillai, non appena lessi un tale avviso. Il bello è che ho una febbre da cavallo e la vita in sostanza, forse, è appena presente nel mio organismo, forse è appesa ad un filo, e tutto d’un tratto ti costringono a leggere parole come queste.

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