La conoscenza essenziale per questo nuovo tempo

Per comprendere quale sia la conoscenza che è la speranza dell’umanità, basta semplicemente guardarsi intorno. Se ci si guarda intorno si capisce che è la conoscenza che noi dobbiamo avere dell’altro e quella che l’altro deve avere di noi.  Non si può fare a meno di elaborare una conoscenza di colui che per noi è il forestiero, il profugo, il migrante, il fuggitivo, l’esiliato, né il forestiero può fare a meno di avere conoscenza di noi. Non si può fare a meno di una conoscenza che sia esperienza di reciprocità. Si tratta di una conoscenza che deve arrivare ad un punto tale da superare il termine e il concetto di “altro” per adottare soltanto la dimensione del noi, anche se il significato che diamo alla parola conoscenza è assolutamente soggettivo, come il significato che diamo alla parola amore, oppure odio, oppure felicità, o fantasia, o nostalgia, o desiderio, come i significati che diamo a tutto quello che ci riguarda e ci coinvolge intimamente. La conoscenza ci riguarda e ci coinvolge intimamente. La conoscenza è una condizione dell’essere e dell’esistere assolutamente diversa dall’istruzione, dalla formazione, dall’informazione, che ne costituiscono il presupposto e ad essa sono funzionali.  E’ una rete di significati intrecciata con le maglie dell’esperienza, dell’intuizione, della curiosità, dell’esplorazione dei fatti e dei fenomeni, della passione per il mondo, dell’attrazione che esercitano le cose sconosciute ma anche del costante tentativo di superare le paure che esse ci fanno.

Su quale conoscenza, allora, si può fondare la speranza dell’umanità.

Certo, dev’essere una conoscenza essenziale. Una di quelle conoscenze di cui non si può fare a meno, che non sia fine a se stessa, che non abbia scadenza. Che  possa valere per oggi e per domani e domani l’altro, che abbia in sé la possibilità di speranza.

Si dice spesso, e forse è anche vero,  che il sapere della contemporaneità si elabori e si rappresenti con modalità estremamente provvisorie, con forme disarticolate, sfilacciate, senza una coerenza, senza una coesione, con espressioni  superficiali che non si stratificano e di conseguenza non producono una conoscenza storica, strutturata, consistente, duratura, prospettica.

Ogni tempo propone un sapere che traduce il pensiero, le visioni del mondo e della vita, che comunque racconta le passioni, i sogni, le relazioni con il presente, il passato, il futuro.

Ogni tempo ha i suoi canoni, le sue tendenze, le sue tensioni. Ogni tempo procede nelle narrazioni delle condizioni che lo connotano con i metodi e le finalità che ritiene possano significare nel modo più adeguato quelle condizioni. 

Nel tempo che viviamo, forse più che in qualsiasi altro tempo, individuare quale sia la conoscenza essenziale forse è facile, estremamente facile.

La conoscenza essenziale è quella che  si riproduce, che consente la comparazione, che permette la rielaborazione, che incide  sul profilo della personalità. E’ quella che conduce all’analisi, alla interpretazione, alla consapevolezza di quello che si conosce e non si conosce, alla comprensione delle cose, dell’altro, di sè.

La conoscenza essenziale è quella che racconta la strada dalla quale si proviene, che indica quella da cui conviene andare, che scaglia lo sguardo della memoria verso i paesaggi che si aprono all’orizzonte, che rifiuta ogni nozionismo, contempla il dubbio, anche la contraddizione, che riesce a riformularsi, rimodularsi, riconvertirsi, aderendo al mutare dei tempi, interpretando la complessità delle storie, degli innumerevoli fatti che accadono ogni giorno, ogni ora, ogni minuto,  raccontando la speranza di ogni uomo, dell’umanità per intero.

Forse la conoscenza di ogni tempo non è stata altro che questo, in fondo. Ma poi, alle volte, vengono tempi che hanno bisogno di una maggiore speranza e quindi di una conoscenza maggiore. Forse il tempo che stiamo attraversando è uno di quelli.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 30 aprile 2023]

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