Manco p’a capa 139. I colori delle donne in politica al vaglio dell’etologia


Le donne, a parte rare eccezioni, solo recentemente hanno raggiunto posizioni di alto potere politico e le loro strategie cromatiche sono in corso di evoluzione. Angela Merkel, nei consessi di potenti, risaltava sempre con giacche rosse, blu acceso, verde, o bianco. Gli uomini attorno erano grigi e lei spiccava, in qualunque posizione fosse. Una strategia cromatica usata anche da Nancy Pelosi tanto che, oramai, si parla di “colori di potere” per definire i cromatismi delle donne in politica. Con quei colori non vogliono essere belle, il messaggio è un altro: quella che comanda sono io. Qualche uomo ci ha provato, come Oscar Giannino oppure Roberto Formigoni, ma il cliché del politico “grigio” è troppo radicato per non farli sprofondare nel ridicolo. Giuseppe Conte fu crocifisso, si fa per dire, per il fazzoletto nel taschino, e poi fu flagellato quando lo tolse, della serie “come la fai la sbagli”. Come non ricordare Raimondo Mesiano, il magistrato che fu stigmatizzato per il colore dei calzini?
Le donne di potere italiane raramente si sono affidate al colore per lanciare messaggi e, di solito, hanno indossato colori maschili, per lanciare messaggi rassicuranti: potete fidarvi di me, non voglio strafare anche se ora sono in posizione di comando. Teresa Bellanova, da pasionaria crisalide delle lotte contadine, si trasformò in elegante farfalla politica quando giurò da ministra. Un ruolo dal quale si dimise senza dir nulla, lasciando parlare il vero “capo”.
Anche Giorgia Meloni era “dimessa”, all’inizio della carriera politica, e anche lei ha subìto una metamorfosi. Ora veste abiti firmati, ha rossetti accesi, ma i colori del potere, prima di tutto il rosso, non fanno parte del suo bagaglio cromatico, anche se ogni tanto indossa una giacca rossa. E’ stata oggetto di scherno per la parlata romanesca, non particolarmente elegante, così si “decora” con abiti firmati. Meloni è in posizione più prominente rispetto a Bellanova: da una parte appare più “bella”, dall’altra intimidisce i due galletti del pollaio (Salvini e Berlusconi) e non intende rassicurarli: una geniale strategia “mista”.
Ora tocca a Elly Schlein che, incautamente, confessa di pagare una consulente per scegliere gli abbinamenti cromatici. Pare che frequenti persino il parrucchiere, cosa non molto evidente nelle sue apparizioni prima della salita al segretariato del PD, strappato ad un maschio anch’esso con aspetto “rifatto”, in termini di morfologia della barba. Ora Schlein appare più “in ordine”.
La Regina Elisabetta è stata campionessa mondiale di cromatismi, e il principe consorte non scherzava con le sue divise sgargianti. Il nuovo re, invece, tende alla sobrietà e lo stesso fanno le principesse sue nuore che, a quanto pare, indossano anche abiti poco costosi, alternandoli ai capi firmati. Anche gli animali, a volte, hanno livree differenti a seconda delle occasioni, ad esempio sfoggiando folte pellicce in inverno, alternate a coperture più sobrie in estate. Per non parlare delle livree riproduttive, spesso abbinate a complessi riti di corteggiamento.
Insomma, i colori e le forme sono messaggi rivolti agli altri, ma anche autogratificazioni estetiche. Berlusconi ha sdoganato non solo la destra, ma anche le plastiche facciali, per non parlare dei capelli, o dei tacchi interni per sembrare più alto, cedendo a aspirazioni estetiche di solito tipiche delle femmine. Sono molto contento che, oggi, due figure prominenti nella scena politica italiana siano femminili, ma le disquisizioni sul loro apparire mi entusiasmano solo in termini etologici: a me interessa il loro agire politico. Invece pare che l’apparenza importi più della sostanza. Siamo passati dagli opposti estremismi agli opposti estetismi.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 2 maggio 2023]

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